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 Nr.21 del 20/12/2010
 
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Dicembre 2010: Lettera a Gesù Bambino
Caro Gesù Bambino, come va lassù? Spero bene. Vorrei poter dire lo stesso di quaggiù, anche se non è così. Fortunatamente il nonno ci ha lasciato una specie di “Manuale delle giovani marmotte”


  


Un quadernaccio di appunti sulla sopravvivenza, mutuati dall’osservazione accurata del comportamento dei topi, o delle “pantegane” come preferiva chiamarli lui. Cadono dal tavolo degli opulenti briciole piuttosto grosse, e noi abbiamo imparato ad approfittarne. Si sono trovate più batterie, abbandonate vicino ai cassonetti dei rifiuti. Accumulatori ancora efficienti che noi abbiamo riciclato per avere la “corrente”. Il nonno ha esalato l’ultimo respiro pedalando sulla bici-dinamo per ricaricare gli stessi. Rispettando le sue ultime volontà, mio papà lo ha cremato. Naturalmente ciò è avvenuto di notte. C’era una nebbia che non si vedeva ad un metro, abbiamo accatastato una decina di pallets, su cui è stata deposta, col vestito della festa (l’unico in verità) la salma del vecchio genitore. Alla pensione di anzianità del nonno, faticosamente conseguita, non potevamo certo rinunciare, quindi non abbiamo detto niente a nessuno, neanche agli amici del tresette ai quali abbiamo raccontato che il nonno aveva preso un biglietto low cost per Cuba di sola andata, sollecitato dalla lettera di una vecchia fiamma.
Caro Gesù Bambino, scusa la scrittura, ma ho le mani piene di vesciche, ieri notte abbiamo costruito a ridosso delle due stanze di quattro per quattro, un gabinetto. Un cubicolo con una turca riciclata, che ci permetterà di non uscire all’aperto per espletare i nostri bisogni. Caro Gesù Bambino, ti confesso che rubo. Il nonno mi aveva costruito un carrettino con due vecchie ruote di bicicletta, è un risciò molto capiente. “Ravanando” nei cassonetti porto a casa in ogni viaggio notturno quasi trenta chili di carta. I giornali più vecchi e più morbidi li ritagliamo e li usiamo come carta igienica. Non hai idea di come si diverte il mio papà a pulirsi il culo con certe facce di politici sempre in prima pagina, altro che il tricolore. I libri li salviamo, mio padre si è fatto una piccola biblioteca accatastando le cassette della frutta su tutta una parete. Con il resto della carta facciamo del combustibile per la stufa economica lasciando macerare giornali e riviste in una vasca da bagno, regalo di un “rotamat”, il quale ci ha anche donato un compattatore manuale che trasforma il tutto in panetti per la stufa. Quelli che blaterano tanto di risparmio energetico dovrebbero venire a lezione da noi, che campiamo con i trecentocinquanta euro della pensione del nonno. Caro Gesù Bambino, c’è un fondo abbandonato a circa due chilometri da casa nostra, ricco di piante di mele rugginose, di un filare di viti, di quattro piante di fichi, e di due enormi alberi di noci. Dobbiamo essere veramente ricchi noi italiani se possiamo permetterci di lasciar marcire tanto ben di Dio. Dici che è furto se mi approprio di un po’ di frutta? Se i miei compagni sapessero quanto è gioioso e divertente schiacciare l’uva a piedi scalzi nella tinozza, di sicuro butterebbero i loro smartoni, iponi, videogioconi, e tutte le loro disumananti diavolerie. A scuola soffro il mio tanto. La maestra mi ha messo in fondo all’aula, nell’angolo più buio. Ha paura che il preside la sgridi perché sono poco “firmato”, anche se pure io ho le mie belle Nike. È vero, sono tutte due sinistre, ma io mi ci trovo bene lo stesso. Sono stato anche richiamato perché il mio maglioncino color tabacco, aveva sì un’etichetta “Armani jeans”, ma la stessa era palesemente riciclata. Ne ho una scatola piena di targhette scucite da abiti “rottamati”. Ancora qualche anno, e i figli degli operai faranno la fila per comperare o scambiare quei loghi, se vogliono farsi la morosa. Aveva ragione il nonno, dobbiamo imparare dai topi. Sono di un’intelligenza e di una furbizia incomparabili. Li ho visti all’opera nel pollaio di una vicina mentre cercavo di rubare delle uova. (Solo due, caro Gesù, sono un ladro onesto). Uno spettacolo affascinante, ho visto un topo mettersi di schiena con l’ovetto tra le zampine, mentre un suo complice lo trascinava prendendone la coda tra i denti per evitare che la preda si danneggiasse. Quando ho raccontato l’accaduto, mio padre ha detto che ci sarebbe da capire se siamo più intelligenti noi o le “pantegane”, se siamo più furbi noi, che per vivere rischiamo la follia, o le piante che vivono di acqua, sole, sali minerali, e vento. Che non hanno bisogno di vacanze esotiche, crociere, catene di montaggio, centri commerciali, e nuovi pericolosi modi di creare energia per vivere. Ho sorpreso il mio papà a parlare con le piante più di una volta. La gente pensa che mio padre sia pazzo. Per loro la normalità pare sia: Padri che uccidono i figli, figli che uccidono i genitori per accaparrarsi l’eredità, sconosciuti che uccidono a pugni donne sconosciute, madri che buttano neonati nei cassonetti, medici che asportano pezzi dal corpo umano, non per necessità ma per arrotondare il già lauto stipendio. I miei compagni di scuola non vengono a trovarmi a casa, dicono che mio padre è un bracconiere, che li disgusta il vedere i cadaveri delle lepri appesi a frollare vicino alla cisterna, e che mangiare i ghiri è da barbari. Noi non abbiamo santi in Paradiso, né parenti in politica, o amici nel consiglio comunale, tanto meno frequentiamo vescovi o cardinali, o star televisive. Ci si arrangia come si può, senza far male a nessuno, senza chiedere niente a nessuno. Caro Gesù Bambino, perché questo agli occhi della gente è una colpa? Fammi un favore, tira la giacchetta al tuo “vecchio”, perché non se la può sempre cavare con la favoletta del libero arbitrio. Qui è tutto un casino, alcuni dei suoi principali rappresentanti sono talmente ammanicati con certi politici che cominciano a puzzare come loro. Hanno aperto una botola nel ventre del vitello d’oro, ci si sono comodamente insediati, e mio padre pensa che non basteranno un paio di bombe atomiche per toglierli da lì. So che non è facile schierarsi contro i padri, ma come diceva mio nonno, (spacciando per sue le parole di Freud) “Un eroe è colui che combatte l’autorità paterna e la vince”. Se la farai tua, ti auguro buona fortuna, ne hai sicuramente bisogno. E grazie di non avermi mandato un altro angelo custode. Come piatto del giorno preferisco le pappardelle scadute al sugo di lepre. Salutami il Padre tuo che è anche il Padre nostro, come recita la poesia di quel blasfemo drogato di Gauloise che risponde al nome di Jaques Prevert.

Pater noster

Padre Nostro che sei nei cieli,
già che ci sei, restaci,
e noi resteremo sulla Terra,
che qualche volta è così attraente
con i suoi misteri di New York
e i suoi misteri di Parigi,
che ben valgono i misteri della Trinità.
Con il suo minuscolo canale dell’Ourcq,
la sua grande Muraglia Cinese,
il suo fiume di Morlaix,
le sue caramelle alla menta.
Con il suo Oceano Pacifico
e le sue due vasche alla Tuiliers.
Con i suoi bravi bambini e i suoi mascalzoni,
con tutte le meraviglie del mondo
che sono là con semplicità sulla terra
a tutti offerte, sparse,
esse stesse meravigliate di essere tali meraviglie
e che non osano confessarlo.
Come una bella ragazza nuda che mostrarsi non osa,
con le spaventose sventure del mondo,
che sono legioni, che sono legionari,
con i loro carnefici, con i padroni di questo mondo.
I padroni con i loro pretoni, gli spioni, i marmittoni,
con le stagioni, con le annate,
con le belle figliole e i vecchi coglioni,
con la paglia della miseria
che imputridisce nell’acciaio dei cannoni.


P.S. Se ti scappa di scrivermi, (non telepatizzare che potrei spaventarmi) il mio indirizzo è : casa senza numero civico, trecento metri a sud discarica abusiva rifiuti tossico –radioattivi, facciata di colore grigio con stelle. Se campo un altro anno ti ricontatto. Ciao.


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