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Esploratori friulani
Giacomo Savorgnan di Brazzà era un esploratore. Nel 1888 aveva 29 anni quando morì a causa delle febbri contratte nel Congo. Seguì infatti là il fratello Pietro e, con l'amico Attilio Pècile, percorse le regioni dell'Ogoouè, dell'Alima e del Licona


  



  


In tal modo raccolse materiale naturalistico e studiò, sotto tutti gli aspetti il vasto territorio. Del viaggio i due esploratori fecero una relazione alla Società Geografica in Roma, nel 1886.
Il fratello Pietro, navigando lungo la costa dell'Africa occidentale, conobbe i viaggiatori Marche e Ballay, che avevano interrotta l'esplorazione del bacino dell'Ogoouè.
Pietro chiese ed ottenne la cittadinanza francese e, dal governo, ebbe l'incarico di proseguire tale esplorazione.

1875. Con gli esploratori Marche e Ballay, Savorgnan di Brazzà partì dal Gabon. Risalì l'Ogoouè, raggiunse le sorgenti dell'Alima e del Licona. Al ritorno, fu accolto trionfalmente in Francia.

1879. Pietro riprese l'esplorazione. Lungo l'itinerario incontrò Stanley che guidava una nuova spedizione per conto di Leopoldo II del Belgio, con la partecipazione di un gruppo di ufficiali belgi. Fondò anche due stazioni: Franceville e Brazzeville, unica città del Congo che ancora oggi mantiene il nome del fondatore europeo. Fu fondata nel 1880. Giace lungo la riva settentrionale dello Stanley Pooll. Nel 1940 fu la prima città francese sottratta al governo di Vichy e divenne centro del movimento di resistenza facente capo a De Gaulle. Il quale, proprio qui, nel 1944, disse che «nessun pioniere dell'Africa fu più umano» del friulano Brazzà. Il quale strinse altresì dei trattati con il potente re dei Bateki, che assicurarono alla Francia il dominio di immensi territori.

1883. Pietro fu nominato commissario generale dell'Ovest africano. Si diede pertanto alacremente ad organizzare il paese.
Com'era (abbastanza) scontato, una serie di accuse, malevole e false, portarono il governo francese a privarlo della carica. Governo che tuttavia lo rimandò in quei territori per condurvi una rigorosa inchiesta quando, più tardi, la cattiva amministrazione degli incaricati amministrativi, fece uscire la verità. Una inchiesta che Savorgnan Brazzà assolse con grande impegno e abilità, accattivandosi, come era avvenuto nei precedenti viaggi, l'amore e la simpatia delle popolazioni indigene. Che egli sempre protesse dai non infrequenti soprusi dei bianchi. Minato dai malanni e dalle dure fatiche, morì mentre era sulla via del ritorno, a Dakar. Nel 1905. Aveva 53 anni.

I Savorgnan Brazzà sono due dei molti personaggi messi in luce nella mostra Hic sunt leones. Esploratori geografi e viaggiatori fra Ottocento e Novecento, che si tiene a Udine nell'ex chiesa di San Francesco. Ma ci sono altri friulani che hanno contribuito, a vario livello, nella realizzazione di spedizioni nelle Americhe, in Asia, in Africa. Qualche nome fra i tanti: Odorico da Pordenone e Celso Costantini, Giovanni e il figlio Olinto Marinelli, Ardito Desio, Achille Tellini e Michele Gortani, Egidio Feruglio e Lodovico di Caporiacco e molti altri ancora;
La mostra si articola in tre grandi unità tematiche: l'esperienza del viaggio; il viaggio come conoscenza; verso un mondo nuovo. Nella mostra si narra di uomini e donne friulane che partirono dal Friùli per terre allora ignote. La scritta "Qui ci sono i leoni", era frequente nelle rudimentali carte geografiche dei secoli passati. Nella antichità non c'erano gli strumenti scientifici di cui oggi si dispone per disegnare le mappe del pianeta.. Anche nel Medioevo la cartografia poggiava più su elementi favolosi che razionali; e la fantasia prendeva spesso il posto della critica. Per tali motivi, nei luoghi del continente africano che erano ancora ignoti (moltissimi, dal momento che dell'Africa si conoscevano, in modo del tutto grossolano, appena le coste), i cartografi scrivevano in modo sbrigativo la frase Hic sunt leones. E gli esploratori, per togliersi ogni dubbio, andavano a vedere.

La mostra friulana racconta storie importanti. Vicende di uomini che hanno saputo osare in tempi nei quali per intraprendere un viaggio di esplorazione occorrevano mesi e mesi per allestire gli equipaggiamenti, preparare le mappe, addestrare gli uomini… Tempi nei quali gli indigeni erano trattati come schiavi e Pietro Savorgnan si attivò allo spasimo per liberarli dall'oppressione della servitù. C'erano, è vero, anche i primi sponsor che reclamizzavano i loro prodotti affiancando i governi che coprivano i costi delle spedizioni con l'occhio attento e interessato alle ricchezze dei Paesi oggetto della ricognizione. Ad esempio, per Pietro Savorgnan venne preparata una brandina da viaggio e un baule. Vi provvide Louis Vuitton.
Il fratello Giacomo racconta, nel suo diario di viaggio, che gli indigeni pur essendo manodopera indispensabile, non solo erano sottopagati, ma avevano alle volte, come solo compenso, una terribile polmonite. O la morte tra i vortici. Oppure il capo fracassato da una pietra.

Per saperne di più: Museo Friulano di Storia Naturale, Via Marangoni 39 e 41, 33100 Udine. Tel. 0432 58 47 11; fax 0432 58 47 21. Mostra nella ex Chiesa di San Francesco, di fronte al Duomo. Fino al 15 aprile 2012. Chiuso il lunedì.


Ermanno Antonio Uccelli



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