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 Edizione del 26/07/2012
 
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La letteratura del dubbio
È lunga l’elencazione di significati che il dizionario della Zingarelli ha dedicato al dubbio. Ci limiteremo al dubbio come aggettivo. Recita il dizionario: “Che è privo di certezze, che non si può conoscere, definire o affermare con certezza. Che non si sa se….”

Non è per caso che da molti anni la Fantascienza sia scomparsa dalle librerie, dalle radio, dalle televisioni, dai giornali. Decine di Case editrici dedicate, hanno chiuso le loro attività. Negli Stati Uniti c’è una colonna infame per i libri che si possono o non si possono leggere nelle scuole, e che devono essere assolutamente eliminati dalle biblioteche. Secondo il “Newpaper on Intellectual Freedom”, diversi libri di fantasy e di “Science fiction” non devono essere letti, anzi, devono essere avversati duramente nelle scuole americane. Di quali libri si tratta? Ecco un brevissimo e incompleto esempio: “Cronache marziane” di Ray Bradbury, “Fahrenheit 451” dello stesso autore, “Il mondo nuovo” di Aldous Huxley, “La fattoria degli animali” e “1984” entrambi scritti da Gorge Orwell, l’inventore del Grande Fratello ed a seguire “Mattatoio n. 5” Di Kurt Vonnegut, solo per citare quelli più conosciuti ai più.

La Fantascienza (non recentemente, purtroppo) è da sempre la letteratura del dubbio, del possibile, del “non so se, ma potrebbe accadere”, del “pensateci, meditate”. Alcuni suoi scrittori sembra avessero capacità divinatorie, visioni sciamaniche, ed essere dediti ad un consumo non modico di droghe, come nel caso del plurisaccheggiato Philip Dick, indimenticato autore di “Gli androidi sognano pecore elettriche”, da cui è stata tratta la sceneggiatura di “Blade runner”.

Scriveva Ballare, dieci anni fa, che ormai gli esseri umani esistono solo affinché le macchine si possano perpetuare. Basta guardarsi intorno, è diventa difficile non condividerne il pessimismo. Il futuro arriva come un ladro nella notte. Da un mese all’altro, da un anno all’altro, l’ufficio o la fabbrica dove lavoriamo si riempiono a poco a poco di “colleghi” elettronici, di infallibili dirigenti fatti di microcircuiti, di pulsanti, di spie luminose.

 

Accettiamo passivamente viaggi e divertimenti minuziosamente programmati, ci mettiamo l’auto come un cappotto per andare dal tabaccaio, o per buttare sacchi di rifiuti sempre più voluminosi nel cassonetto a 50 metri da casa. Compiliamo moduli che non comprendiamo, due lauree non bastano a decifrare la più semplice delle bollette, aspettiamo con pazienza il nostro turno davanti a sportelli cifrati, misteriosi come il castello di Kafka, quasi onnipotenti. Dialoghiamo con nostra moglie via Internet. Soffriamo di un disagio al quale non sappiamo dare un nome. Sentiamo inconsciamente di vivere sull’orlo di qualcosa di grosso, ma non sappiamo cosa. La Fantascienza accelera i tempi, ma parte da noi, dal nostro mondo, dalle nostre abitudini, dalle nostre paure e schiavitù. La Fantascienza non è profezia, ma ipotesi, ventaglio di possibilità. Certi racconti sono basati su una logica così ineccepibile che una sferzata d’angoscia attraversa anche le menti più razionali. Quelli di noi che amano la cultura del dubbio si saranno chiesti se è stato Dio a creare gli uomini, o gli uomini a creare Dio. Domanda interessante. Anche qui la Fantascienza ci può aiutare.

 

La microstoria che segue è di un maestro dei racconti brevi; Frederic Brown, ed ha per titolo: “La risposta”.

 

LA RISPOSTA

 

Dwar Ev si chinò per saldare l’ultimo collegamento con dei fili d’oro. Procedeva con gesti lunghi e pacati. L’osservavano, infatti, gli occhi di dodici telecamere che facevano giungere le immagini dei suoi movimenti a tutto l’universo. Si raddrizzò e annui rivolgendosi a Dwar Reyn; poi si spostò vicino all’interruttore generale. Quella leva avrebbe collegato simultaneamente tutti i giganteschi calcolatori che esistevano nei vari pianeti, in un supercircuito che avrebbe riunito le loro capacità in un unico supercalcolatore, una macchina cibernetica che avrebbe raccolto in sé il sapere di tutte le galassie. Dwar Reyn rivolse poche parole ai trilioni di teleascoltatori. Dopo un attimo di silenzio esclamò: “è il momento, Dwar Ev!”. Dwar Ev azionò la leva. Vi fu un potentissimo boato, dovuto al fluire dell’energia proveniente da ben novantasei miliardi di pianeti. Sullo schermo si accendevano e spegnevano luci colorate. Dwar Ev fece un passo indietro e trasse un lungo respiro. “A te l’onore di fare la prima domanda, Dwar Reyn”. “Grazie” rispose quest’ultimo. “Sarà una domanda alla quale nessuna macchina cibernetica ha saputo rispondere fino ad ora”. Quindi si rivolse alla macchina e domandò: “Esiste Dio?”. Una voce potente rispose senza un attimo di esitazione e senza che si udisse lo scatto di alcun relais. “Sì, ora Dio esiste”. Una paura terribile sconvolse il volto di Dwar Ev. Fece un balzo, e cercò di afferrare la leva. Un fulmine cadde dal cielo sereno, lo colpì incenerendolo, e fuse la leva, bloccandola per sempre.

 

Post Scriptum

Se, come ci raccontano “uomini con le gonne”, Dio ci ha creato a sua immagine e somiglianza, dovremmo arguire che tutti i miliardi di pianeti esistenti siano disabitati. Che il buon Dio li abbia creati per giocare a bocce stellari?    

 

A tutti quelli di voi che sono padri di un figlio adolescente, (sempre a proposito del dubbio) voglio regalare una bellissima poesia  di Ruyard Kipling, (maldestramente tradotta da me) conosciuto dai più come autore de “Il libro della giungla”, che ha per titolo, tanto per rimanere in tema: “Se…”

 

 

SE…

 

Se riuscirai a non smarrire la calma

quando tutti intorno a te la perdono

e te ne danno la colpa.

 

Se riuscirai a non dubitare di te stesso

quando tutti ne dubitano, sogghignando

eppure coglierai i loro dubbi.

 

Se avrai la pazienza del lupo in agguato

senza stancarti di attendere.

 

Se non replicherai menzogna a menzogna

odio all’odio, senza sembrare troppo buono

evitando discorsi saggi

che i più non intendono.

 

Se saprai sognare

senza che i sogni dominino il tuo agire. 

 

Se saprai pesare il pensiero

senza che il pensiero diventi la tua bilancia.

 

Se saprai misurare con lo stesso metro

il trionfo e la sconfitta

trattando nello stesso modo

questi due impostori.

 

Se sopporterai di udire

le verità che hai detto

rimaneggiate da impostori

per ingannare gli sciocchi.

 

Se saprai chinarti a ricostruire

con utensili rotti,

le cose a cui hai dato vita

trovandole infrante.

 

Se saprai giocare tutto ciò che hai

a testa o croce

e perdendo ricominciare

senza palesare la tua sconfitta.

 

Se saprai forzare, cuore, tendini e nervi

a tenere duro, quando dentro di te

non esisterà altro che il verbo resistere.

 

Se saprai parlare alla folla

senza sentirti un re

e conferire con i re

senza metterti in ginocchio.

 

Se né gli amici né i nemici

riusciranno a ferirti

e tutti conteranno per te

ma nessuno troppo.

 

Se riuscirai ad occupare il tempo inesorabile

dando valore ad ogni istante della tua vita

tuo sarà il mondo, figlio mio

il mondo, e tutto ciò che contiene.

E ancor di più figlio mio

diventerai Uomo!

 


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