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 Nr.14 del 11/06/2007
 
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Il trauma del maggio 1974 e la necessità della memoria
«Troppi anni sono passati/ per poter ricordare/ veramente cosa è stato/ quell’inferno maledetto...Quanta voglia di giustizia/ ci ha portati in questa piazza/ ogni anno di una storia/ senza pace nè giustizia...»


  


Così canta il Nuovo Canzoniere Bresciano in un suo testo dal titolo: «30 anni», che, in qualche misura, ci porta a confrontarci con il problema della memoria e, se si vuole, del peso della memoria
Da quel 28 maggio 1974 sono passati ormai ben 33 anni che hanno stemperato l’intero contesto storico e umano in cui quegli avvenimenti si sono espressi, lasciando il loro ricordo nelle mani, non sempre virtuose, del mondo della politica, in quelle delle associazioni che non hanno accettato di abbandonare, almeno per il possibile, l’impegno di una testimonianza e infine in quelle, più o meno affidabili, del ceto degli storici.
Fra coloro che non hanno rinunciato al dovere della testimonianza, pur nella povertà dei mezzi, importante è l’opera svolta dalla Casa della Memoria di Brescia, che anche quest’anno, nel mese di maggio, ha dato vita a un corposo insieme di iniziative che ha avuto il suo acme in una serie di manifestazioni, celebrazioni ufficiali, incontri con gli studenti e un concerto in memoria dei caduti di Piazza Loggia.
Fra le diverse opere presentate in questi giorni come momenti di meditazione e di indagine critica su quella fase storica ci pare significativo fermare l’attenzione su due lavori realizzati proprio dalla Casa della Memoria: un doppio CD e un agile volume.
Il CD dal titolo «1974-2006. 28 maggio Piazza Loggia voci e musiche per la strage» raccoglie 14 pezzi musicali preceduti dalla registrazione dell’intervento di Franco Castrezzati, quel 28 maggio alle ore 10, che recupera con grande vividezza il trauma di quel momento. Le canzoni presenti nel primo CD sono una serie di pezzi scritti sull’onda dell’emozione per la strage e cantati da Milva, che non smentisce la sua grande tecnica espressiva, da Ivan Della Mea e dal Nuovo Canzoniere Bresciano, che portano avanti la tradizione della nuova canzone politica degli anni ’70, e da nuovi giovani autori come Mirko Dallera. Il secondo CD presenta invece una serie di pezzi di musica come si suol dire «colta», per la più parte registrati nell’auditorium di San Barnaba il 28 maggio dell’anno passato ed espressamente pensati per ricordare la strage. Insomma, si tratta di un’opera che merita la nostra attenzione non solo per il suo intrinseco valore di testimonianza, ma anche per la varietà degli approcci stilistici e culturali che offre.
Il secondo lavoro, pubblicato sempre dalla Casa della Memoria, è invece un saggio storico realizzato da un giovane studioso, Paolo Pelizzari, dal titolo accattivante: «La strage di Brescia tra risposta istituzionale e mobilitazione dal basso. Il punto di vista della sinistra extraparlamentare». Si tratta di uno studio che cerca di affrontare un settore del dibattito storico su cui la rimozione è stata più o meno totale e, quando non è avvenuta, i giudizi sono stati di liquidazione, esclusi pochi casi di esponenti dell’allora movimento extraparlamentare che hanno mantenuto in vita una superficiale forma d’entusiasmo quasi estetizzante per quegli anni. Certo oggi più che mai, in una realtà politica caratterizzata da un formidabile fenomeno di trasformismo e in un dibattito intellettuale dominato da un nauseante buonismo, difficile è capire le motivazioni di quel groviglio di sensazioni, esperienze, scelte politiche e umane che furono gli anni della contestazione. Ben più facile è, come di fatto almeno in parte si è riusciti a far passare, leggere quegli anni come gli anni della violenza, gli «anni di piombo» secondo una frustra formula tratta dal titolo di un film che quando uscì fu forse troppo lodato.
Il lavoro di Pelizzari si apre presentando un’analisi della situazione politico sociale a Brescia prima della strage; si dipana poi con una descrizione sintetica della strage, delle indagine e del tentativo della sinistra extraparlamentare di individuare il movente politico di fondo. Una particolare attenzione viene poi utilizzata per una descrizione approfondita delle forme della collera popolare che è montata, in una città complessivamente tranquilla quale era Brescia negli anni settanta, nei giorni successivi la strage. Poi il lavoro allarga l’indagine fermando la sua attenzione sul tentativo di definizione di paralleli storici realizzata dalla nuova sinistra, in particolare con la parola d’ordine della «nuova Resistenza» e analizzando il difficile rapporto fra movimenti extraparlamentari e il PCI. L’ultima parte del volume è dedicata alla ripresa della strategia della tensione, con le nuove stragi sui treni, che nei fatti dimostrava definitivamente la validità della tesi della nuova sinistra, e cioè che quella di Brescia era solo una tappa di un itinerario iniziato nel 1969 a Milano, con Piazza Fontana, e destinato a concludersi molti anni dopo con il più tragico di questi gesti criminali: la bomba alla stazione di Bologna.
Come si può vedere da questa semplice enumerazione delle diverse parti che compongono l’opera, quello tentato da Pelizzari è un itinerario fecondo, che, basandosi sulla ricerca dei documenti d’archivio, presentati con dovizia di citazioni, costituisce un importante squarcio sulla realtà di quei giorni. Ne mostra le ingenuità, il linguaggio ridondante dei diversi gruppi della sinistra radicale, le attese di un’improbabile rapida crescita di una coscienza politica che si scontrava con la difficoltà di una maturazione sociale sempre ardua da realizzare, in un paese come il nostro dove troppi sono i vincoli delle logiche privatistiche e egoistiche. Inoltre ci pare di poter indicare, in sintonia con l’autore, un’ulteriore ingenuità della sinistra radicale di allora nel bisogno di identificazione, come fattore di autolegittimazione, fra pagine della storia passata e avvenimenti che si verificavano nell’urgenza del presente; come altri ebbero a dire, si corre sempre il rischio che la prima volta la storia si presenti come tragedia, la seconda come una triste farsa. Ne è esempio il richiamo alla Resistenza, che era utilizzata, in quei giorni del 1974, come fattore di unità politico-idelologica senza valutarne adeguatamente l’insita ambiguità. Ciò nonostante emergono dalle pagine del libro di Pelizzari con chiarezza anche gli elementi di forza del discorso politico di quei giorni: la lucida visione della crisi della repubblica, del suo fallimento istituzionale nelle mani di un ceto che proprio in quegli anni con la presidenza Leone viveva i suoi più tristi fasti. Similmente, emerge la chiara coscienza della incapacità dei cosiddetti partiti della classe operaia di rappresentare una reale forza alternativa, ormai ridotti come erano a gestire una politica di pura supplenza della borghesia al fine di mantenere la stabilità sociale del paese. Cosa infatti pensare leggendo i documenti dei consigli di fabbrica come quello della OM-IVECO (cfr. pag 98), che sostanzialmente, scavalcando l’infinita bizantina arte del compromesso delle dirigenze comunista e socialista, chiede a chiare lettere la messa fuori legge del MSI-DN? Si risponderà: tematiche di alti tempi. Sì ma che mostrano con chiarezza cristallina, nella prospettiva storica che ci separa da esse, quella che è stata la parabola della sinistra italiana e se si vuole quelle che ne sono state le premesse.
Le pagine del Pelizzari ci paiono insomma essere un interessante punto di vista da cui poter partire per realizzare una rimeditazione sul lungo ‘68 italiano; ad esempio per cercare di rispondere a una semplice domanda: come mai di tutte le stragi degli anni ’70 non si conoscono, almeno processualmente, i colpevoli? Forse è il vizio della memoria, però siamo portati a tornare ai casi di Giacomo Matteotti o dei fratelli Rosselli, che dopo infiniti iter processuali si conclusero senza l’indicazione dei colpevoli o con il riconoscimento di attenuanti di ogni tipo.
Anomalo? Ci verrebbe di concludere con le parole di Federico De Roberto: «No, la nostra razza non è degenerata: è sempre la stessa».

(Per ogni informazione sulle opere citate ci si può rivolgere alla Casa della Memoria di Brescia o al sito: www.28maggio74.brescia.it )

Giulio Toffoli


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