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venerdì 29 marzo 2024 | 09:52
 Edizione del 02/03/2015
 
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“TENETE PULITA L’ITALIA! BUTTATE I VOSTRI RIFIUTI IN SVIZZERA”
Una decina di anni fa, un comico, così si espresse davanti al proprio pubblico: “Tenete pulita l’Italia! Buttate i vostri rifiuti in Svizzera.” Inferocita da una multa di 27 euro, comminata ad un pensionato della Valle, per non aver impedito alla pioggia di bagnare un paio di scatole di cartone, da lui messe accanto al sacco della carta, la brigata delle “Dentiere Rosse”, ha assoldato una decina di “satanassi”, perché carichino le loro “ape car” con un migliaio di pannoloni usati, e rovescino gli stessi, non in Svizzera, ma nel piazzale antistante il Comune responsabile. Questa potrebbe essere la reazione ad una raccolta porta a porta, che pare partorita da quell’inderdettuale che risponde al nome di Bruno Vespa. Spero per voi e per me, che quello che lo scrittore di fantascienza Roun Goulart descrive nel suo racconto datato 1970 non abbia mai a verificarsi. Ma, date le premesse… NdA: dicesi “satanassi” coloro che campano ravanando nei cassonetti.
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“TENETE PULITA L’ITALIA! BUTTATE I VOSTRI RIFIUTI IN SVIZZERA”
( VERSIONE TESTUALE )

Una decina di anni fa, un comico, così si espresse davanti al proprio pubblico: “Tenete pulita l’Italia! Buttate i vostri rifiuti in Svizzera.” Inferocita da una multa di 27 euro, comminata ad un pensionato della Valle, per non aver impedito alla pioggia di bagnare un paio di scatole di cartone, da lui messe accanto al sacco della carta, la brigata delle “Dentiere Rosse”, ha assoldato una decina di “satanassi”, perché carichino le loro “ape car” con un migliaio di pannoloni usati, e rovescino gli stessi, non in Svizzera, ma nel piazzale antistante il Comune responsabile. Questa potrebbe essere la reazione ad una raccolta porta a porta, che pare partorita da quell’inderdettuale che risponde al nome di Bruno Vespa. Spero per voi e per me, che quello che lo scrittore di fantascienza Roun Goulart descrive nel suo racconto datato 1970 non abbia mai a verificarsi. Ma, date le premesse…
NdA: dicesi “satanassi” coloro che campano ravanando nei cassonetti.

Rifiuti
Ron Goulart
(Disposal, 1970)

Non ce la faceva più a mangiare pasticcio di merluzzo. Lon Snowden sistemò il contenitore sulla sinistra del tavolo dello stanzino da pranzo e infilò la mano nella borsa. Il piatto che doveva assaggiare adesso, stando all’etichetta vergata a mano dal suo capo, era stoccafisso flambé. A Lon non piaceva portarsi il lavoro a casa; ma doveva consegnare il responso preliminare su undici nuovi prodotti della Cucina Marinara Spa entro (guardò l’orologio: quasi mezzanotte) la prima pausa per il caffè del mattino dopo.
I vetri della finestra erano appannati dalla nebbia. Quella sera, come del resto succedeva quasi sempre, il Villaggio Vittoriano affogava nella nebbia. Lon aprì il contenitore dello stoccafisso, scrisse un’annotazione su una scheda blu. A trentaquattro anni (guardò l’orologio: mezzanotte e cinque) gli mancavano appena due scatti per diventare Assaggiatore di Cibo Senior alla Cucina Marinara. Ryan Kubert, l’unica persona della ditta di cui si fidava quasi completamente, gli aveva detto diverse volte, a pranzo, che essere Assaggiatore Senior era un’ottima cosa. A Ryan mancavano ancora quattro scatti d’anzianità.
Quando Lon andava di fretta, come quella sera, non stava mai a mangiare i cibi. Bastava un assaggio. Mordicchiando distrattamente un pezzo di stoccafisso, riprese in mano la scheda e fece una croce sul riquadro contrassegnato Terribile. Poi mise il contenitore accanto agli altri nove che aveva già esaminato da che Maya si era ritirata nello stanzino da letto. Prima di assaggiare lo stufato d’anguilla (guardò l’orologio: mezzanotte e un quarto) voleva alzarsi un attimo per sgranchirsi.
Terry, suo figlio minore, lo stava osservando dalla soglia dello stanzino da letto dei bambini. - Cosa c’è? - bofonchiò Lon.
- Un giorno - rispose Terry - il capo sarò io. E tu sarai il primo a lasciarci le penne. Una cosa veloce.
Terry aveva quattro anni. Stava attraversando la fase in cui si sentiva spinto a minacciare tutti di morte. - Torna a letto - ordinò dolcemente Lon. Lo psichiatra della ditta gli aveva detto che una certa ostilità nei confronti della figura paterna era normale.
- Per prima cosa ti taglierò le dita delle mani, una per una - disse il bambino. - Poi quelle dei piedi. E poi il naso.
- Se non vai subito a letto ti rompo il braccio. - Lon guardò l’orologio: mezzanotte e ventuno.
Terry obbedì.
Lon prese dalla borsa l’astuccio di pastiglie alla menta per lo stomaco, ne ingoiò due, poi tornò allo stufato d’anguilla. Decise che era Delicato e Delizioso.
Entro l’una aveva assaggiato tutto. Chissà come, la nebbia si era infiltrata in casa e se ne stava sospesa sopra il tappeto. Brandelli di nebbia lo accolsero in cucina. Accese la luce col gomito, si mise davanti all’inceneritore di rifiuti, le braccia cariche dei diversi contenitori. - Andate a farvi friggere - disse, e buttò giù tutto.
Dall’inceneritore uscì un rumore insolito, preoccupante: prima si udì un tonfo come di casse che cadessero giù da un camion, poi una specie di raglio tormentato. Ventinove secondi di silenzio; quindi l’apparecchio risputò fuori tutta la spazzatura.
Lon raccolse quella robaccia, l’infilò in un sacchetto di plastica gialla e la ributtò nell’inceneritore.
Ci fu di nuovo quel rumore insolito, seguito dal gemito di una chitarra scordata, poi la spazzatura tornò su. Vennero risputati gli avanzi dei campioni di Lon, più i rifiuti della cena.
- Non funziona - disse Lon.
Alla fine trovò un sacchetto grande abbastanza da contenere tutta la spazzatura. Non sapeva cosa farsene. Lo abbandonò in cucina e andò a letto. Maya avrebbe sistemato le cose.
Maya, muovendo la mano al ritmo di un metronomo invisibile, infilò i gusci d’uova in un sacchetto blu. - Intanto che aspettiamo che aggiustino l’inceneritore, possiamo lasciare i rifiuti nello sgabuzzino.
Lon spinse da parte con un calcio l’androide delle pulizie, che era spento, e ripose la spazzatura della sera prima nello sgabuzzino. - Okay.
Fuori, il clacson dello scuolabus emise un richiamo. Pete, il loro figlio di sei anni, schizzò via dalla cucina.
Apparve Terry, che reggeva in mano il suo piatto di zuppa di proteine mangiata a metà. - Voglio buttare i rifiuti nell’inceneritore - disse.
- Non funziona - ribatté Lon. - Non si può. Lasciali alla mamma.
- Voglio metterli nell’inceneritore.
- Insomma, non si può.
Terry si accigliò. - Quando sarò io il capo, non me ne dimenticherò. Per prima cosa ti stiracchieremo tutto, poi ti schiacceremo. Le tue ossa faranno crack crack, soap soap.
- Torna in camera tua - disse Lon.
- Non è una stanza. È uno stanzino - ribatté Terry, scomparendo.
- È solo una fase passeggera. - Maya mise nello sgabuzzino i resti della colazione. - Devo chiamare il signor Goodwagon?
Lon guardò la sveglia appesa alla parete: aveva ancora quattordici minuti prima di doversi trovare al tubo per San Francisco. - Ci penso io.
- Nell’alcova telefonica si sistemò i capelli, sedette, chiamò Goodwagon.
- Ci alziamo presto, eh? - disse la segretaria androide che apparve sullo schermo.
- Il signor Goodwagon, per favore.
- È ancora a letto.
- Oh, be’, fa lo stesso. Il mio inceneritore di rifiuti non funziona. Deve aggiustarlo il Servizio Riparazioni Villaggio Vittoriano, no?
- Certo. Nessun altro può metterci mano. C’è scritto sul contratto d’affitto.
- Okay. Sapete dirmi con esattezza quando potrà arrivare uno dei vostri operai?
- Il 14 settembre, alle 2,30 - rispose l’androide.
Lon guardò l’orologio. - Sì, ma oggi è il 26 agosto, ore 8,14.
- 8,16 - lo corresse l’androide. - Per il resto, tutto giusto.
- E fino a settembre cosa ne facciamo della spazzatura?
- Non buttatela per strada. Sarebbe contrario ai regolamenti statali, federali e del Villaggio. Non seppellitela in nessun posto. Anche questo è illegale.
- Cosa mi suggerite?
- Vi passerò il dottor Wigransky, del reparto sistema guai.
Quando apparve sullo schermo, il dottor Wigransky era nudo. - Sì?
- Abbiamo un problema con la spazzatura - disse Lon, distogliendo lo sguardo.
- Non potete guardarmi negli occhi?
- Negli occhi magari sì. È il resto che mi da fastidio.
- Telefonate così presto e vi aspettate anche di trovarmi in alta uniforme? Siete sotto stress da lavoro?
- Infatti, ma il problema è che il nostro inceneritore di rifiuti non funziona e quelli possono venirlo a riparare solo a metà del mese prossimo, e io mi stavo chiedendo cosa potremmo fare.
- Quanti anni avete?
- Trentaquattro. Perché?
- Trentaquattro anni suonati, originario di qui a giudicare dall’accento, e non sapete come cavarvela con un po’ di spazzatura.
- Non è solo un po’. Il mese prossimo ce ne sarà un sacco. Io faccio l’assaggiatore di cibo e porto a casa parecchio lavoro.
- Un campo interessante - disse il dottor Wigransky, che mentre lui non guardava s’era infilato una camicia. - Mio fratello è un fannullone. Forse potreste avviarlo alla vostra carriera.
- Non sono molto influente - rispose Lon - E per i nostri rifiuti?
- Chiamate Sayffertitz.
- Sayffertitz?
- L’ultimo spazzino. - Il dottor Wigransky interruppe la comunicazione.
Quella sera, poco dopo le nove, davanti alla casa di Lon arrivò un furgoncino della spazzatura. Dalla cabina di guida balzò giù un tipo abbronzato, vestito di tweed. Aveva un paio di baffi, capelli neri lunghi fino alla vita, e un bastone da passeggio. Il suo dito guantato si appoggiò sul campanello.
- Sayffertitz - disse a Maya che gli era andata ad aprire.
Poi le passò il bastone e si tolse i guanti. - Sono l’unico spazzino di tutta la zona della Baia di San Francisco. Ormai tutti hanno l’inceneritore di rifiuti in casa. Però, come sapete bene, gli inceneritori si rompono. Allora bisogna chiamare Sayffertitz.
Lon era seduto nello stanzino da pranzo. Stava lavorando. Quando entrò lo spazzino, si alzò. - Quando venite a prendere i rifiuti?
Sayffertitz sedette su un pliosgabello. - Ma come siete divertenti. Non ho ancora accettato di ritirare la vostra spazzatura. Parliamone e vedremo. Avete del brandy?
- Maya, porta un brandy al signor Sayffertitz.
Gli occhi dello spazzino erano verdi, ma di due sfumature diverse. Sayffertitz puntò lo sguardo su Lon, si aggiustò i capelli. - Che tipo di spazzatura vorreste affidarmi?
- Spazzatura - rispose Lon. - Rifiuti di casa.
Lo spazzino si lisciò il vestito di tweed sulle ginocchia.
- Cos’è quella roba che avete davanti?
- Lavoro. Faccio l’assaggiatore di cibo.
- Ma esattamente di che si tratta?
- Ecco - disse Lon, indicando i vari contenitori - salsa di gamberetti, orata al cartoccio, anguilla marinata, polipi in umido e seppie flambé.
- E vorreste mettere questa roba nella mia spazzatura? - chiese Sayffertitz. S’inginocchiò sul tappeto, strisciò a quattro zampe verso il tavolo. - Qual è l’anguilla marinata?
- Quella arancione. Mettono i coloranti artificiali.
Sayffertitz annusò. - Non so proprio. Che gente. Amico, secondo te io dovrei mettere quella roba nel mio camioncino. C’è un puzzo terribile.
- È la cucina marinara. Si sente il profumo dell’oceano.
- Tu ci sei abituato. Ti sei rovinato il naso.
- In che giorni passate? A date fisse?
Sayffertitz si sfregò l’occhio meno verde. - Che gente. - Si rialzò, si grattò lo stomaco.
- Al momento servo i miei clienti di questa zona il martedì mattina.
- Allora ci vediamo la settimana prossima?
- La settimana prossima. Martedì mattina alle sette. - Si protese di nuovo a fiutare l’anguilla marinata. - Non lo so se posso accettare la vostra richiesta.
- Vi pagheremo bene - disse Maya, offrendogli un bicchiere di brandy sul vassoio buono.
- La mia tariffa è di dieci dollari a giro. In anticipo.
- Dieci dollari? - disse Lon.
- In anticipo. Se accetto l’incarico. - Si sfiorò la punta del naso con l’orlo del bicchiere. - Avete una bilancia?
- In bagno.
- Allora ricordate: non più di due chili e mezzo. Tutto chiuso in scatole. Sulla sinistra del giardino che dà sulla strada. - Prese il denaro che Lon gli tendeva e fece un mezzo inchino. Arrivò alla porta, scomparve inghiottito dalla nebbia.
Lon fiutò il contenitore di anguille marinate.
Il martedì seguente, Sayffertitz non si fece vedere. Nemmeno il mercoledì mattina. Giovedì mattina, alle 8,17, con cinque scatole di cartone ammucchiate in un angolo del garage, Lon chiamò lo spazzino. Sayffertitz non rispose. Rispose venerdì mattina, ma non gli andava a genio che lo avessero svegliato alle 8,14 del suo giorno libero. Lon si scusò.
Sayffertitz disse: - Tu e i tuoi pesci. Mi rifiuto di accettare altra spazzatura da te.
- Cosa vuol dire altra spazzatura? Io vi ho dato dieci dollari e voi…
Lo spazzino interruppe la comunicazione.
Quella sera, protetto dalla nebbia, Lon riuscì a vuotare una scatola di rifiuti in un inceneritore pubblico del vicolo cieco più vicino. Sull’inceneritore c’era una targhetta che diceva: Solo per foglie e arbusti secchi. Venerdì funzionò, ma sabato la nebbia era meno fitta.
Un andropoliziotto che lo teneva d’occhio da un balcone in ombra lo colse in flagrante e gli appioppò ventidue dollari di multa.
Maya scoprì che il water ingurgitava gusci d’uovo e fondi di caffè, però rifiutava tutto il resto. Lunedì sera, Lon scaricò quattro scatole sulla spiaggia, a una trentina di chilometri da casa. La ronda lo beccò alla terza spedizione: settantatré dollari di multa, e revoca per novanta giorni del suo permesso di prendere il sole. Il giorno dopo, al tramonto, prese l’hovercraft e viaggiò a filo d’acqua; e fingendo che si trattasse delle ceneri di un caro defunto, riuscì a smaltire tre scatole di spazzatura. Ma una cosa del genere si poteva fare, al massimo, una volta al mese.
Alla fine di agosto, in casa si erano accumulate ventuno scatole di rifiuti. Quando il garage si riempì, Maya cominciò a sistemarle negli armadi dello stanzino ricreazione. Ormai in casa aleggiava quasi sempre un fetore dolciastro, e Terry minacciò di far squartare il padre dai cavalli se la puzza non cessava. Lon chiamò l’Ufficio d’Igiene della Baia, ma gli risposero che non potevano farci niente, a meno che nella spazzatura non si annidassero larve o topi da fogna.
Scoprì che poteva liberarsi di un paio d’etti al giorno di spazzatura portandola in ufficio e rovesciandola nell’inceneritore quando nessuno lo teneva d’occhio. Nel frattempo Maya portava tutti i giorni una scatola o due da Carole e Robert, i loro amici che abitavano a due isolati di distanza. Carole e Robert non potevano accettare dosi maggiori, perché la prima volta Maya aveva scaricato nel loro inceneritore diverse scatole in un colpo e Carole era stata ammonita a non fare più cose del genere. Conoscevano altre tre coppie nei paraggi. Poco per volta, servendosi di tutti i loro inceneritori mentre Lon continuava a portare in ufficio la spazzatura più minuta, arrivarono ad avere solo dieci scatole in garage.
Il primo martedì di settembre, Terry decise di lanciare la sua scarpa sinistra nel loro inceneritore. L’apparecchio sibilò, ronzò e urlò per tre minuti e un quarto; poi rispose alla rappresaglia. Sputò fuori gusci d’uovo, bucce d’arancia, gusci di noce di cocco, lattine di bibite, bustine di tè, ossa di prosciutto, code di pesce, kleenex, riviste vecchie, mattonelle verdi, cavoli, cerotti, confezioni vuote di proteine, plioguanti, petali di rosa, tonno, semi di melone, un canarino morto, e la scarpa di Terry tutta tagliuzzata. Prima che l’inceneritore si fermasse, sul pavimento della cucina si era accumulato uno strato di spazzatura alto trenta centimetri.
- Okay - disse Lon, quando l’emissione s’interruppe con un ultimo sbuffo.. - Ho deciso. Vado a seppellire questa roba. - Andò a prendere l’autopala.
La notte era buia e nebbiosa. Lon accese le lucette del giardino e cominciò a scavare.
Aveva già fatto un buco profondo una quindicina di centimetri e largo un metro quando arrivò il poliziotto umano del Villaggio Vittoriano, accompagnato dal suo assistente androide.
- Cosa state facendo, signor Snowden? - chiese il poliziotto.
- Seppellisco la spazzatura.
- Ehi, ma è proibito - disse il poliziotto.
- Casa mia è piena di rifiuti. E poi questa storia mi ha procurato un complesso di colpa enorme.
- Ma non potete scavare in giardino.
Lon gli tirò la pala.
La prigione di quartiere non era ancora finita, per cui Lon venne rinchiuso nella prigione di Sunnyvale. Il giudice lo condannò a una multa di 500 dollari e a dodici giorni di galera. Al suo terzo giorno di carcere, Maya andò a dirgli che pensavano di espellerli dal Villaggio, dato che aveva assalito un poliziotto; e che comunque erano finiti in fondo alla lista d’attesa per la riparazione dell’inceneritore. Il che significava che fino al 2 ottobre non si sarebbe presentato nessun operaio.


In galera, Lon sognò spesso la spazzatura. E conobbe il prigioniero della cella accanto, Blind John Dove. Blind John gli disse di essere uno dei pochi investigatori privati ciechi della zona di San Francisco, capace di risolvere i casi solo col fiuto.
Lon gli spiegò il suo problema.
Blind John, un grassone lentigginoso con un paio di occhiali verdi sugli occhi, gli disse: - Lo so io cosa puoi fare.
- Cosa?
- Vai a Playland. Da quelle parti c’è un vecchio bagno pubblico chiuso da anni. È in riva all’oceano, tre livelli più in basso del livello stradale. Un vero schifo. Tutta la gente che ha problemi come i tuoi va a buttare lì i rifiuti. Di notte non ci sono poliziotti. Nessuno si avventura più in quelle zone. Carica tutto sull’hovercraft e sei a posto.
Uscito di galera, Lon tornò in ufficio e scoprì di essere disoccupato. La casa era ancora intasata da diciannove scatole di spazzatura che Maya non era riuscita a scaricare negli inceneritori dei vicini. Litigarono quella stessa mattina. Maya si prese Terry e Pete e andò a passare la notte da Carole e Robert.
Per un po’ Lon restò in cucina. Aveva fame, ma mangiare significava altri rifiuti. Alle 10,16 cominciò a caricare le scatole sull’hovercraft. Era una sera gelida, nebbiosa. Si mise una giacca di pura lana vergine. Caricò tutta la spazzatura sull’hovercraft, a parte un sacchetto di caramelle bruciacchiate che gli sfuggì di mano e si rifiutò di lasciarsi recuperare.
Partì. Alle undici ormeggiava davanti al bagno pubblico abbandonato. Salì gli scalini di marmo con le braccia cariche di rifiuti, spalancò la porta, entrò. Davanti a lui c’era un buco indecifrabile. Nell’aria aleggiava un fetore dolciastro. Lon lasciò andare le scatole. Pochi secondi dopo, le udì rimbalzare su qualcosa di metallico.
Dall’oceano cominciava a soffiare vento. Nel viaggio successivo, volò via il coperchio di una scatola. Dopo ventidue minuti era sull’orlo del buco con le ultime tre scatole. Le lanciò, restò un attimo in ascolto.
Dietro di lui, sulla strada, si fermò un camioncino. Sull’asfalto umido risuonarono dei passi. - Che gente - disse una voce. - Questo è uno dei miei territori riservati. È già abbastanza difficile sopravvivere a questo mondo senza scocciatori del genere.
Lon si girò. Stava arrivando Sayffertitz.
- Ah, quello dei pesci - disse sorridendo lo spazzino.
- Adesso salta giù e riprenditi tutto quello che hai buttato. Porco. - Col bastone da passeggio gli indicò il buco.
Lon balzò avanti, gli strappò il bastone, lo usò per colpirlo diverse volte al cranio. Sayffertitz si afflosciò. Lon gettò il bastone nel buco. Si chinò, prese l’altro per il vestito, si fece forza e lo lanciò nel buio, tra i rifiuti.
Non aspettò di sentirlo atterrare sulla spazzatura.


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