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Omaggio a ''Chicco'' Ghidoni
Ai suoi piedi si stendeva lo Yukon, un mare di ghiaccio, che scompariva dietro due curve distinte a nord e a sud, della larghezza di buoni tre chilometri da una sponda all’altra...
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Omaggio a ''Chicco'' Ghidoni
( VERSIONE TESTUALE )

“Ai suoi piedi si stendeva lo Yukon, un mare di ghiaccio, che scompariva dietro due curve distinte a nord e a sud, della larghezza di buoni tre chilometri da una sponda all’altra. Sul suo letto irregolare si allungava la pista delle slitte, una linea sottile, infossata, larga cinquanta centimetri e lunga tremiladuecento chilometri, sul cui percorso erano state distribuite certamente più imprecazioni di qualsiasi altra strada dentro e fuori il regno della cristianità.” (Jack London)

I Sioux di Toro Seduto fuggiti a nord e i NezPercè di Capo Giuseppe, bloccati e sconfitti a due passi dal confine col Canada, chiamavano quell’immensa regione “La terra della nonna”. Se io fossi un pellerossa e mi venisse chiesto di coniare un nick-name per “Chicco Ghidoni”, penso che sceglierei “Corre tra gli alberi”. Pur non conoscendo la sua vita, e informatomi parzialmente sulle sue imprese, mi è venuto il paragone con i “Coureurs de bois”. I “Coureurs de bois” sono figure semileggendarie, gente che non abbisognava di benzina, metano, merendine, televisione, cellulari, libri, strumenti e oggetti che ogni occidentale reputa indispensabili per la sua vita e la sua sopravvivenza. I “Coureurs de bois” non scrivevano romanzi, pur raccontando davanti al fuoco imprese epiche e straordinarie. Essi erano il romanzo stesso. Scriveva Bernard Clavel (autore di ben sei romanzi sul grande Nord): “Sono le terre che plasmano gli uomini, le terre, e tutti quegli elementi che su di loro scorrono, cantano al vento, palpitano e respirano. Quelle del nord hanno modellato i “Coureurs de bois” nei corpi degli emigrati con grandi staffilate di aria glaciale e sole bruciante. I “Coureurs de bois” appartengono all’immensità come altri appartengono alle città, ad un villaggio, o al porto. La loro patria non è né il Quebec, né il Canada, ma la foresta, i corsi d’acqua, i fiumi, la pista infinita e le nevi eterne. Quegli uomini non possiedono che una tenda, una scure, un fucile, un coltello ben affilato, (questo il contenuto del loro zaino) e a volte una canoa di corteccia. Nessun contadino è proprietario di un lotto paragonabile a quello che loro si spartiscono e di cui nessuno ha mai raggiunto i confini. L’Atlantico da una parte, il Pacifico dall’altra, a sud la frontiera con gli Stati Uniti e, verso nord, quelle regioni mal definite, nelle quali la terra scompare poco a poco sotto i ghiacci. Sono dei camminatori di tutte le stagioni, delle estati torride, come della tormenta, quella follia bianca nella quale ci si smarrisce. Quei divoratori di grandi spazi contano spesso più amici tra gli indiani che fra la gente della propria razza, hanno le loro regole, le loro leggi non scritte. L’egoismo della vita normale deve essere sostituito dall’altruismo, dalla sopportazione, dalla tolleranza e dalla condivisione. Così, e soltanto così può conquistare l’autentico cameratismo. Non deve dire grazie; deve averlo in mente senza aprire la bocca, e dimostrarlo contraccambiando. In breve deve sostituire l’atto alla parola, lo spirito alla lettera”. I “parassiti del Paradiso”, più o meno la quasi totalità dei nostri politici, dovrebbero per un anno praticare la vita dei “Coureurs de bois”, avremmo dei governi migliori e gente più consapevole, uomini e donne, che quando la clessidra avrà esalato l’ultimo sbuffo di sabbia, non debbano prendere atto di aver vissuto a propria insaputa, e che i loro nomi saranno ricordati con disgusto e con dileggio, per aver procurato, non gioia ai propri cittadini, ma sofferenza.
Nessuno più di Jack London ha descritto mirabilmente l’anima del grande Nord e di quelli che vi sono avventurati: “Quando un uomo si avventura in un paese lontano, deve essere preparato a dimenticare molte delle cose che ha appreso, ed a far proprie quelle abitudini e quelle regole su cui si fonda la vita nella nuova terra. Deve abbandonare i vecchi ideali e i vecchi dei e spesso deve rovesciare i codici cui si è conformato fino a quel momento il suo modo di vivere. L’uomo che volge le spalle alle comodità di una civiltà più antica, per affrontare la selvaggia giovinezza, la primordiale semplicità del Nord, potrebbe valutare la sua riuscita in ragione inversa alla quantità e alla qualità delle sue abitudini incurabilmente consolidate. Scoprirà presto, se è la persona giusta, che le abitudini materiali sono le meno importanti. Il rinunciare ad un menù raffinato per del cibo grossolano, ad un letto di piume per un giaciglio nella neve, è, dopo tutto cosa abbastanza agevole, ma avrà il suo da fare ad imparare in maniera adeguata a foggiare il proprio atteggiamento mentale verso tutte le cose, e in particolare verso gli altri uomini. Ora chiudete gli occhi, e immaginate per un attimo che il sogno di paracadutare uno dei nostri “Parassiti del Paradiso”, un giorno qualunque, in un luogo qualunque del Grande Nord, si avveri. Quantunque fosse fornito di racchette da neve, zaino con bussola e viveri, scommetto cinquanta a uno che non vedrà l’equivalente del nostro tramonto. Scrive ancora Bernard Clavel per rendere l’idea : “Perché il camminare sulla lunga pista è un mestiere d’inferno. Soltanto una razza di uomini forti, accaniti, di uomini che non temono né il freddo, né la fatica può riuscire a sopravvivere. Percorrere la foresta, significa coltivare una lunga amicizia con il cielo e l’acqua, con gli alberi e il vento, di cui bisogna penetrare i segreti e apprenderne il linguaggio. Ogni anno qualcuno muore sulle montagne, ma ogni ora che passa è esaltante, ogni più piccolo gesto concorre ad indurire l’epidermide ed a temprare il fisico. Quelli che riescono a resistere, sono uomini traboccanti d’orgoglio, dei signori. Gente senza fortuna ma ricca di mille storie, ricca di un sapere più prezioso dei beni materiali. Essi sono amati per la loro lealtà, sono rispettati per la loro forza e per la loro capacità di competizione”.

P.S. Mi scuso con i miei cari e rari lettori se ho usato più citazioni di certi nostri ministri, ma prima dell’incontro con “Chicco” Ghidoni per un’intervista che lo stesso ha rilasciato a RTB RETEBRESCIA TV, che potrete visionare su You Tube (https://youtu.be/HCSH9ts8hFc), ho dovuto rileggermi circa seicento pagine per trovare qualcosa che fosse inerente alla sua impresa. Spero di esserci riuscito, ma questo lo può dire solo lui.


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