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giovedì 28 marzo 2024 | 22:34
 Edizione del 19/03/2018
 
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L’arte della cura
La difficile arte della cura attraverso il cuore e la professionalità di una socia lavoratrice della Cooperativa L’Aquilone
Leggi l'articolo completo in forma testuale ( clicca qui )



L’arte della cura
( VERSIONE TESTUALE )

La cura mi riporta col pensiero al Segreto che la volpe regala al piccolo Principe nel famoso romanzo di Antoine de Saint- Exupery: ”È il tempo che tu hai perso per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante, gli uomini hanno perduto questa verità, ma tu non la dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che addomestichi, tu sei responsabile della tua rosa”.
Io mi sono sempre sentita come quella rosa, grazie ai miei genitori e ai miei fratelli, che si sono presi cura di me e mi hanno fatto sentire unica al Mondo. Io mi sono resa conto che da sempre ho respirato l’arte del prendersi cura, perché sono stata, per molto tempo, oggetto di cura degli altri. Crescendo mi era chiaro che avevo bisogno di condividere tutto quello che avevo ricevuto con gli altri, volevo dare la possibilità a qualcun altro di poter essere come era la rosa per il suo piccolo principe.
La prima volta che io mi sono assunta la Responsabilità di un altro essere umano è stato quando all’età di 16 anni ho partecipato con il mio gruppo scout al progetto Gabbiano Azzurro promosso e finanziato dall’Alto commissariato dei rifugiati, presso un campo profughi a Postumia. Il nostro compito era quello di coinvolgere i bambini del Campo in giochi e momenti di condivisione e garantire il loro diritto di essere bambini. Porto nel cuore i loro occhi che avevano visto la guerra, la fiducia che ci hanno regalato ma in particolare la prima volta che ho visto sorridere una bimba. Lei restava sempre triste, seduta in disparte, ma un giorno si è alzata mi ha scelto, mi ha preso per mano e mi ha sorriso. Da quel momento credo di aver deciso che mi sarei occupata degli altri nella mia vita perché non volevo rinunciare alla gioia e all’immensa emozione che il poter mettermi a servizio mi dava.
Da subito mi sono resa conto che, se volevo che prendermi cura degli altri diventasse il mio lavoro, avrei dovuto studiare, imparare a gestire meglio le mie emozioni, formarmi e fare esperienza, per dare qualità e professionalità al mio agire, così dopo il diploma ho scelto di diventare un’Educatrice professionale.
Nella quotidianità della Cooperativa l’Aquilone, dove lavoro da 15 anni, ogni giorno ciascun educatore, infermiere, Assistente Socio Assistenziale, Assistente ad personam sa che solo un cuore aperto alla possibilità può fare i conti con i propri limiti, per trasformarli in sguardi intelligenti sull’esperienza, che permettono di rendere possibile ciò che sembra impossibile.
Durante il mio percorso mi sono resa conto che nella relazione di cura non basta fare ma occorre tempo per riflettere, per orientarsi e per mettersi in discussione. Giorno dopo giorno il prendersi cura diventa un’arte da esercitare dove è necessario tenere in grande considerazione il destino dell’altro, la sua esistenza e il suo essere nel mondo. Attraverso l’ascolto, la dolcezza, l’attenzione, l’empatia, la capacità di commuoversi emerge il bisogno di saper cogliere l’altro come soggettività portatrice di dignità e di un proprio valore.
Nel momento in cui scegliamo l’autenticità della cura viviamo la dimensione dell’essere-con, ci mettiamo in contatto con il sentire dell’altro e il suo poter essere. Nella relazione cerchiamo la possibilità, nell’attesa di poter aprire nuovi scenari dove poter esprimere il potenziale di ciascuno. Il cammino condiviso implica il saper aspettare, potenzia la creatività per trovare nuovi percorsi, aiuta a vivere il fallimento come momento importante di crescita e maturazione e ti insegna che c’è ancora tanto da imparare.
Noi operatori siamo in prima linea nel prenderci cura degli altri e lavoriamo con passione per garantire Servizi di qualità, ma alcuni giorni succede che siamo ancora noi a ricevere cure, le persone per le quali lavoriamo ci regalano la loro fiducia, il loro affetto, mettono in campo nella relazione risorse inaspettate, ci sorprendono e tutto questo genera uno scambio di energie che nutrono il nostro lavoro riempiendolo di senso e significato.
Questa interazione ci permette di sviluppare Progetti Ambiziosi, che a volte sembrano sogni ma se condivisi con le diverse realtà del territorio Amministrazioni Comunali, Civitas, Comunità Montana, ATS, ASST possono diventare realtà concrete come “Il Progetto Abbiamo un sogno, durante noi, dopo di noi” che permetterà alla Cooperativa di realizzare alloggi per le persone disabili della Valle Trompia e rispondere, così, al bisogno abitativo, in un contesto familiare all’interno del territorio e della loro comunità
Come Cooperativa ci siamo fatti carico di generare cultura sul mondo della disabilità, promuovendo Progetti che coinvolgono i bambini delle scuole elementari fino ad arrivare agli studenti universitari perché crediamo che, il prendersi cura dell’altro non sia soltanto circostanziale alla ristretta sfera dei Servizi, ma creando connessioni, possa diffondersi per contagio e diventare buona pratica nei territori in cui viviamo.
Lia Trentini


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