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Ciao a Luciano ''Il Barba''

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Ciao a Luciano ''Il Barba''
( VERSIONE TESTUALE )

Scriveva Capriolo Zoppo, o Capo Seattle a proposito dei bianchi usurpatori delle sue terre: “Voi disseminate la morte, comprate e diffondete la morte, ma voi la rinnegate, non volete guardarla in faccia. Avete reso sterile la morte, l’avete nascosta sotto il tappeto, l’avete privata della sua dignità. Tuttavia noi pellerossa pensiamo ancora alla morte, riflettiamo molto su di essa. Anch’io lo faccio. Oggi sarebbe un bel giorno per morire, non troppo caldo, non troppo freddo, un giorno nel quale potrebbe restare qualcosa di mio, per trattenersi ancora un po’ qui. Un giorno perfetto per un essere umano che giunge alla fine del suo cammino. Per un uomo che è fortunato e ha molti amici”


A un secolo e mezzo da di distanza da queste sagge considerazioni, noi uomini bianchi, “fottuta razza superiore” direbbe Toro Seduto, continuiamo a esorcizzare la morte convinti di abitare la terra per migliaia di anni. Una moltitudine di disutili idioti convinti che le clessidre si possano capovolgere. Ma ci sono pendole che non si possono fermare, nastri che è impossibile riavvolgere. La morte fa parte della vita, la vita è parte della morte. Due gemelle inseparabili, nessuna può esistere senza l’altra. Nei confronti del mio amico Luciano, morto alla fine del 2018, a “soli” 70 anni, la morte ha accelerato i tempi. La pietà non fa parte del suo esistere. Lei infila la mano nel sacchetto della tombola cosmica, esce un numero, e le tocca di staccare una delle molteplici spine infilate nel pianeta Terra. Quando succede ci si chiede: “Perché io, perché lui?”. Noi non abbiamo risposte, e forse nemmeno Lei. A Lei è preclusa la gioia, non conosce il dolore. La sua pena è di non poter mai morire, e questo la rende cinica e indifferente. Per me non è così, io ho sofferto, soffro, perché dopo un’amicizia durata più di mezzo secolo, un brandello della mia anima se ne è andata con lui, con il mio amico Luciano “il barba”. Scriveva a proposito dell’amicizia lo scrittore di Fantascienza Ray Bradbury. “Noi non possiamo dire in quale preciso momento nasca l’amicizia, come nel riempire una caraffa goccia a goccia, c’è finalmente una stilla che la fa traboccare. Così in una sequela di atti gentili, c’è ne infine uno che fa traboccare il cuore.” Due amici, quando si conoscono da tempo, non hanno bisogno di complimentarsi a vicenda, ma Luciano attorno all’anno 2000, quando mi capitò di vincere un concorso di poesia, con la possibilità di editare una mia antologia, mi gratificò di uno stupendo bastone. Il bastone raffigurava un serpente, sinonimo di saggezza, con in bocca la mia testa completa di occhiali, sapientemente ricavati da un sottile fil di ferro, di baffi, e di una traccia di nicotina sulle labbra. Lo contraccambiai con una poesia dedicata al suo essere un artista nell’ombra, che ha per titolo: “Canto del bastone”


“Canto del bastone”
Non è forse bello
questo mio bastone?
Due lune fa,
la sua voce mi chiamò,
dall’ombra di una macchia di betulle.
Oggi sento il richiamo del suo spirito,
che invoca la danza delle mani.
Uso cocci di bottiglia,
liscio la sua pelle di legno,
lo taglio, lo incido, ne splendo.
Io sono il bastone.
Io sto fabbricando me stesso,
noi due siamo una cosa.

Quelli che vedrete su questa pagina sono solo alcuni dei capolavori nati dalle mani di un maestro dell’intaglio, le cui opere sono state viste solo da alcuni famigliari e da me. Buona visione e buon anno.


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