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 Nr.26 del 19/11/2007
 
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I CORVI? SONO I PIÙ SCALTRI



  


Apollo era il dio della musica, della poesia e della profezia. Aveva un animale che gli era sacro: il corvo. Odino, il capo degli dèi dei Germani, aveva due animali – Hugin e Hunin, «Pensiero» e «Memoria» – che volavano per il mondo e gli riportavano «ogni novità che vedevano o di cui sentivano parlare». Anch'essi erano due corvi. Per dire che gli antichi hanno percepito, prima e meglio di noi, certe informazioni della natura e le hanno codificate e trasmesse con i miti.
Recentemente è stata fatta una classifica dei volatili per indice di intelligenza. Un indice stilato da un biologo, Louis Lefebvre, dell'Università Mc Gill di Montreal, in Canada. Dalla quale è risultato che i più intelligenti fra i volatili sono le cornacchie e gli altri corvidi. Seguìti – una sorpresa vera e propria – da avvoltoi, aironi, e picchi. I meno intelligenti sono invece i galliformi, come tacchini e pernici. Unitamente a piccioni, emù e struzzi. Anche i pappagalli sono finiti nelle ultime posizioni. Questo nonostante abbiano un cervello voluminoso, e siano molto bravi ad imitare la voce umana.
Del resto che gli animali da cortile non abbiano mai goduto di brillanti considerazioni nella civiltà contadina è cosa risaputa. Infatti espressioni come «cervello di gallina» o «fare la figura del pollo» sono tipiche di chi ha messo i gallinacei all'ultimo posto dei volatili. E oggi la scienza conferma quelli che, altrimenti, potevano essere intesi come pregiudizi belli e buoni.

Ma che cosa si intende per intelligenza? Perché proprio in nome di questa si è stilata tale classifica. Che si basa su un unico principio preciso: la capacità delle diverse specie di adattarsi all'ambiente e di inventare sistemi sempre nuovi, non solo diversi ma anche migliori dei precedenti, per procurarsi il cibo. Non sono stati condotti esperimenti in gabbia. Si sono invece usati i risultati di ben duemila studi pubblicati, dagli anni Trenta a oggi, sulle principali riviste di ornitologia.
Cosicché l'osservazione diretta sugli uccelli allo stato selvaggio – di professionisti e amatori – ha consentito di rilevare comportamenti del tutto sorprendenti in alcune specie. Oltre ad una straordinaria capacità innovativa.
Le cinciallegre, ad esempio. In un rapporto del 1949 dalla Gran Bretagna, esse rivelano una curiosa abitudine: avevano imparato ad aprire le bottiglie del latte lasciate sulla soglia di casa. Una nuova, comodissima, fonte di cibo. E lo stercorario, un grosso uccello marino del Polo Sud, con il becco adunco, si intrufola fra i cuccioli di foca e… sugge il latte dalla foca al posto dei piccoli. O gli avvoltoi, in Zimbabwe, in Africa. Durante la guerra civile che ha insanguinato la ex Rhodesia meridionale, studiosi di ornitologia scoprirono che gli avvoltoi mettevano in atto un macabro trucco. Si appostavano vicino ai campi minati. Appena un animale (gazzella, zebra o bufalo) saltava in aria, essi erano lì, con i bocconi ancora caldi a portata di becco. Senza sforzo alcuno. Così fanno anche le poiane ferruginose negli Stati Uniti. Seguono i cacciatori assoldati dai contadini per sterminare i cani della prateria. Riconoscono il rumore degli spari e la loro provenienza. Così sanno dove trovare le loro prede.
Gli aironi, invece sono ghiottissimi di pesce. Per catturarli hanno sviluppato una sofisticata tecnica di pesca. Prima catturano degli insetti. Oppure raccolgono alcune piume. Poi depositano tutto sulla superficie dell'acqua. Sono delle vere e proprie esche. Che attirano i pesci. I quali, non appena vengono a galla, sono preda del lungo becco degli aironi.
E i corvi? Sono ancora più scaltri. Anche se il corvo beffato dalla volpe, del favolista Esopo, non appariva poi così scaltro… Ma forse non era un corvo della Nuova Caledonia, nel Pacifico. Essi sono in grado di fabbricarsi degli speciali strumenti con i quali frugano tra le foglie per trovare quegli insetti che sono alla base della loro dieta. Come dire: queste specie sono in grado di ideare tecniche e sistemi nuovi per conquistarsi il cibo.
In altre parole, ci sono degli uccelli «intelligenti» e creativi al contrario di altri che non lo sono per nulla o lo sono molto meno. Questo perché, dice Lefebvre «Il comportamento alimentare opportunista è associato a una intelligenza più elevata, perché gli ambienti mutevoli selezionano gli individui più intelligenti». Ciò significa che fra le specie di uccelli che, per nutrirsi, si devono adattare a diete diverse e a non mangiare un solo cibo, sopravvivono solo i più ingegnosi. Che trasmettono poi i loro geni alla prole.

L'indice elaborato da Lefebvre è certamente attendibile. Naturalmente, come tutte le classifiche, dipende molto dai criteri che si utilizzano. Vale a dire che se si cerca chi è più svelto a localizzare i predatori, si ottengono (probabilmente) risultati diversi da questi. Altri uccelli hanno mostrato particolari capacità in campi limitati. I piccioni, ad esempio, per i sistemi di apprendimento e memoria, sono strepitosi. La nocciolaia sotterra gli alimenti in centinaia di punti diversi e poi non ne dimentica neppure uno.

Un criterio plausibile, questo di Lefebvre, anche se non va preso come una misura assoluta. Vale a dire che se è vero che i corvi sono intelligenti, non è detto che le quaglie (ultime nella classifica degli uccelli meno intelligenti), siano del tutto stupide. Perché l'adattamento si può manifestare non solo nel trovare il cibo. Altre specie hanno la capacità di modificare un comportamento sociale per adattarsi ad un ambiente diverso.
Insomma, è del tutto impossibile trovare un criterio oggettivo per misurare l'intelligenza che comprenda tutti. Vale a dire che, con un indice diverso, un animale finito in fondo alla classifica otterrebbe risultati più alti. Pertanto, anziché parlare di intelligenza, sarebbe meglio parlare di apprendimento o come una scelta tra sistemi o indirizzi diversi nel tramandarsi tecniche di ricerca del cibo o di costruzione dei nidi. Ma anche così le specie meno intelligenti, risultano «le granivore, che sono scarsamente adattabili alla ricerca».
L'indice di intelligenza aviaria, per dirla tutta, conferma idee «sempre presenti nell'etologia». Anche se, negli ultimi anni, gli scienziati hanno fatto, per mezzo dell'osservazione, scoperte assai interessanti riguardo alla mente. Che, da secoli, i filosofi hanno invano cercato di capire che cosa fosse, senza riuscirci. Non che adesso lo si sappia, ma si è invece cominciato a scoprire come funziona. E, scoperta rivoluzionaria e sorprendente allo stesso tempo, quella che la mente non è affatto monopolio degli esseri umani. Almeno alcune delle sue caratteristiche si ritrovano anche in vari tipi di animali: dalle scimmie antropomorfe ai topi, giù giù sino alle galline! In genere si affibbia al «Cervello di gallina» l'insultante paragone ai nostri simili un po' tonti. Ebbene, tutta una serie di domande che la scienza si è posta, e che la stessa ha affrontato, hanno trovato risposta non in base ad opinioni preconcette, ma ad osservazioni sperimentali. Le risposte alle domande hanno mostrato che, oltre alle capacità mentali specializzate, caratteristiche delle singole specie, esiste anche un insieme di capacità mentali generali, comuni a tutte o a molte specie, e quindi niente affatto unicamente umane.

Ermanno Antonio Uccelli






Tra i nativi americani era talmente forte il rapporto con gli animali, da dedicare loro dei Totem. Gli spiriti degli animali venivano spesso evocati nelle cerimonie sacre, perché ad ognuno di loro venivano attribuiti dei poteri che potevano essere trasmessi alla persona indicata dall’Uomo di Medicina o sciamano. Un legame molto sentito, tant’è che alcuni degli Indiani più conosciuti portano nomi di animali: Falco Nero, Cavallo Pazzo, Orso in Piedi, Toro Seduto, Corvo rosso, Aquila Grigia.
I Pellerossa non avevano conoscenze nel campo della biologia o dell’ornitologia, ma osservavano attentamente la natura che li circondava, e il corvo era uno degli animali più rispettati. Esso rappresentava il messaggero della magia, l’ambasciatore del Grande Mistero che risiede al di là del Tempo e dello Spazio, da cui tutto proviene e a cui tutto fa ritorno. Quando si teneva una cerimonia sacra, il corvo era sempre presente, perché si pensava che con il suo aiuto fosse possibile guarire persone ammalate che si trovassero anche a grande distanza. Tra gli Inuit e gli Atabaska è considerato il Re dell’Alaska. Narra una loro leggenda, che fosse stato proprio il corvo a creare la loro terra. Diverso era il modo di intendere dell’Uomo Bianco, per lui tutto quello che serviva ad accumulare denaro poteva essere ucciso, compreso un proprio simile.

Joe Dallera



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