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 Nr.6 del 17/03/2008
 
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SALTARE IL FOSSO



   Giacomo Matteotti


“…Se il fascismo è un’associazione a delinquere, ebbene, io sono il capo di questa associazione di delinquenti!…”
“ Io porterò gli italiani al punto di sfilare dinnanzi ad un berretto piantato su un palo e a salutarlo…
(3 gennaio 1925)

“… solo la guerra porta al massimo della tensione tutte le energie umane e imprime un sigillo di nobiltà ai popoli che hanno la virtù di affrontarla”.
(dicembre 1932)

“Stiamo diventando e diventeremo sempre di più una nazione militare, aggiungerei Militarista! Per completare: Guerriera!”
(agosto 1933)

“Nel dilemma burro o cannoni, dilemma superlativamente idiota, noi fascisti abbiamo già fatto la nostra scelta: Cannoni!”
(dicembre 1937)

“Bisogna armarsi. La parola d’ordine è questa: più cannoni, più navi, più aeroplani. A qualunque costo, con qualunque mezzo, anche se si dovesse fare tabula rasa di tutto quello che si chiama vita civile!”
(marzo 1939)




Mussolini già nel 1924 gode di poteri straordinari: è Presidente del Consiglio, ministro degli Interni e dell’Esteri, ma soprattutto è il capo del fascismo. Ciò condiziona i suoi rapporti con gli oppositori,
da lui visti come nemici da battere o da abbattere. Tra questi Giacomo Matteotti, segretario del partito Socialista unitario. Il 3 maggio 1923 “Il popolo d’Italia” aveva scritto: “Quanto a Matteotti, volgare mistificatore e spregevolissimo ruffiano, sarà bene che egli si guardi; che se dovesse capitargli di trovarsi un giorno o l’altro con la testa rotta, ma proprio rotta, non sarà certo in diritto di dolersi”. Giacomo Matteotti, deputato socialista del Polesine, il 30 maggio del 1924 denuncia al Parlamento le violenze, le illegalità, gli imbrogli operati dai fascisti durante le elezioni. Dice tra l’altro: “Noi deploriamo che nel mondo si pensi che solo il nostro paese è incapace di reggersi e che debba essere governato con la forza. Molto danno, hanno fatto le dominazioni straniere, ma ora che il nostro popolo stava risollevandosi, anche con la nostra opera, è costretto a subire una dominazione ben più vergognosa per opera del fascismo…” Dai banchi fascisti, tra il vociare di protesta tumultuosa, si ode una voce urlare: “Fate tacere quell’uomo! Quando ha finito di pronunciare il suo coraggioso discorso Matteotti si volge sorridendo agli amici: “Adesso potete preparare la mia orazione funebre”. Dieci giorni dopo viene aggredito e fatto salire a forza su un’auto da una squadraccia fascista: è il 10 giugno 1924. Il suo cadavere verrà trovato in un boschetto sulla Via Flaminia, alle porte di Roma. Si scoprirà poi, che la banda omicida era agli ordini della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il commando che giustiziò Matteotti era composto da uomini della “Ceka”, un’organizzazione creata da Benito Mussolini e Giovanni Marinelli, segretario amministrativo del partito fascista.
Una sorta di polizia segreta, una struttura al cui interno furono convogliati squadristi ed ex Arditi, uomini abituati alle maniere forti e non solo. A capo c’era Amerigo Dumini, che nel 1923 dichiarò pubblicamente: “Ho sulla coscienza 12 omicidi su commissione.” Scriveva Bertolt Brecht: “Disgraziata è la patria che ha bisogno di eroi.” La nostra è una patria disgraziata, il problema è che gli eroi li abbiamo esauriti anni e anni fa. Ed è finito anche il metallo con cui gli Dei forgiavano certi eroi, è rimasta la scoria. Uomini politici, alcuni dei quali, come si evince da alcune coraggiose inchieste giornalistiche e dalle dirette dal Parlamento, mostrano di avere una statura morale che a malapena arriva sotto la coda di un asino sardo. Politici analoghi a quelli di cui scriveva Walt Whitman, il grande padre della Poesia Americana del ‘900, che nella poesia “To the States” così recita: “… che crepuscolo s’avanza \ schiuma che galleggia sulle acque. \ Chi sono quelli che come pipistrelli e cani notturni traversano il Campidoglio? \ Sono quelli davvero i membri del Congresso? \ Sono quelli i grandi giudici? \ è quello il Presidente? \ Se sono quelli, allora dormirò un poco ancora, \ poiché vedo che questi Stati dormono”.

Cosa possiamo fare? Ognuno di noi faccia la sua piccola parte, come in un alveare. Il professore Giulio Toffoli (che in questo nostro giornale abbiamo la fortuna di avere come collaboratore) l’ha fatta producendo un libro molto interessante sulla vita normale e politica di Giacomo Matteotti. Un volume non facile da reperire, al cui interno c’è una poesia mia che ha per titolo “Saltare il fosso”.


SALTARE IL FOSSO

“Ho detto quello che dovevo dire, ora sta a voi preparare la mia orazione funebre”. (Giacomo Matteotti)


Li sentivano sbellicarsi dalle risate,
due piani più sotto, il Duce e la Ceka.
Parlavano spesso della quadratura del cerchio,
tra un brindisi e una mancia.
(Storie segrete scivolavano come rivoli di sangue
sotto le porte sbarrate).
“La quadratura del cerchio è possibile”,
sosteneva Mussolini
“Basta randellarlo bene!”
Furono allegrie di breve durata,
quelle dei sicari di Matteotti;
per salvare il “Pelato”
caddero teste importanti.
C’è chi accetta sfide
perse in partenza,
per un senso alto dello Stato,
e chi viene allontanato
come cortigiana non più gradita.
Sta sempre e solo a noi
scegliere su che riva stare.
Matteotti l’ha fatto,
la posta era la vita.


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