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 Nr.2 del 09/02/2009
 
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Il calendario. E il tempo
Tredicimila anni fa. Più o meno. Un uomo vestito di pelli. Regge, con una mano, un osso di aquila. Con l'altra mano, incide una serie di segni. Nasce così il primo calendario. Con il quale si tentava di organizzare la vita


  



   Progetto di orologio ad acqua in un manoscritto arabo del 1203



  


Da allora, da quel momento, il genere umano non ha mai smesso di dare ordine e compiutezza alle cose della quotidianità. Lo ha fatto osservando la Luna, il Sole, le stelle. Combattendo una epica e frustrante lotta per dare determinazione ad un vero anno. Per poter controllare il tempo. Che è una nozione metafisica. Una realtà interiore: gli uomini sentono, dentro di sé, di invecchiare. Una sensazione interna che trova una corrispondenza esterna: gli astri. Infatti il Sole si alza e tramonta (anche se, in realtà, non tramonta mai). La notte prende il posto del giorno. E, viceversa, quest'ultimo torna dopo la notte. Così capiamo che il tempo passa.
Il Sole è l'orologio naturale che si muove – almeno in apparenza – sopra le nostre teste. Prima di questo orologio c'erano le clessidre e i pendoli. Poi gli orologi al quarzo e quelli atomici. Non si può dimenticare che il quadrante solare è servito a lungo per misurare il tempo. Un tempo che gli uomini hanno inseguito da sempre. E che, sempre, è sfuggito loro. Così, anziché regolarsi sull'orologio naturale, il Sole, gli uomini hanno provato a farlo con un altro astro che rende meglio la marcia del tempo: la Luna. Essa, al contrario del Sole, non presenta sempre la stessa immagine. Si mostra e sparisce. Cresce e cala. È piena oppure una sottile falce. Insomma, immagini sempre diverse. Corrispondenti, in modo misterioso, ai moti del mare. Ed ai cicli delle donne. Infatti, nel calcolo del tempo, la Luna ha giocato un ruolo decisivo. A lungo. E per molte civiltà.
I greci avevano un calendario lunare. Anche gli arabi. Ma il ciclo della Luna è ingannevole, tanto quanto l'astro è bello e poetico. Perché ha un ciclo che non corrisponde a quello delle stagioni. Così i babilonesi, che erano grandi astronomi, ma anche gli egiziani, gli aztechi e i maya, videro nel Sole una guida più sicura per poter dominare il tempo.

Tutte le civiltà hanno sentito il bisogno di adottare un sistema di riferimento temporale che regolasse le attività quotidiane. E anche le celebrazioni religiose. Pertanto si sono poste il problema di dare un ordine cronologico agli eventi. Tutte, quindi, hanno ritenuto necessario mettere a punto dei calendari.
Noi, oggi, consideriamo l'uso del calendario scontato. Del tutto naturale. Ma non è così. Esso è invece frutto di una enorme fatica spesa nei millenni. Ed è legato ai progressi della scienza e al potere politico.
In tutte le civiltà, le esigenze della vita quotidiana hanno condotto a misurare il tempo sia per dare una collocazione temporale agli avvenimenti passati, o per programmare attività future, sia per disporre di un sistema di riferimento temporale che regolasse le attività di ogni giorno.
Fin dalla più lontana antichità, l'uomo ha osservato la natura. Una osservazione che ha evidenziato tre fenomeni astronomici periodici: l'alternarsi del giorno e della notte. La successione delle fasi lunari. Il ciclo delle stagioni. Variabili che l'uomo ha fatto proprie per misurare il tempo. Che egli ha quindi diviso in tre unità naturali: il giorno (legato alla rotazione della Terra su sé stessa); il mese (legato al movimento della Luna intorno alla Terra) e l'anno, legato al movimento della Terra intorno al Sole. Sono queste le tre unità alla base del calendario. Che, dal latino, significa libro dei conti. Questo perché, al tempo dei Romani, i debiti venivano pagati il primo giorno di ogni mese, denominato calenda. Il calendarium, pertanto, è un sistema elaborato per contare i periodi lunghi e per definire una cronologia pratica. Per misurare gli intervalli di tempo brevi, l'uomo ha (anche) creato orologi che stabiliscono e ordinano tutto sulla base di piccoli intervalli che hanno una durata inferiore a un giorno: ore, minuti, secondi.

Quando Giulio Cesare salì al potere, il calendario romano era in uno stato penoso. Dice la leggenda che fu il primo re di Roma, Romolo, ad istituirlo. Era in anticipo, sull'anno solare, di parecchi mesi. Ci ricorda Svetonio che «Le festività della mietitura e della vendemmia non coincidevano più con le vere stagioni». Le conseguenze di questo disordine si facevano sentire, in modo pesante, sulla vita pubblica. E quando Cesare, dopo aver sconfitto Pompeo, ebbe una storia sentimentale con Cleopatra (molto prima di Antonio, dunque), alla corte di questa, in Egitto, conobbe molti scienziati. Tra essi, l'astronomo alessandrino Sosigene. Che fu l'ispiratore del «calendario giuliano». Che regnò, nel mondo, per un millennio e mezzo.
Nel 46 a.C. si pose mano alla riforma del calendario romano. Vennero inseriti due mesi supplementari di 33 e 34 giorni, tra novembre e dicembre. Così, l'anno 46 a.C., finì per durare 445 giorni. Fu chiamato «l'anno della confusione». E sconvolse la vita di milioni di persone.
Solo all'alba del 45 a.C. si stabilì una misura fissa e razionale del tempo su basi scientifiche e non più legato – o dettato – dai capricci dei governanti. Il calendario giuliano durò sino a circa la fine del XVI secolo. Tempo nel quale gli scienziati scoprirono che il calendario giuliano nascondeva, al suo interno, una bomba matematica: 11 giorni di differenza tra l'anno solare ed il calendario. Fu un colpo durissimo. E difficile da sistemare, perché quelli erano giorni da riassorbire.

La Chiesa cattolica fu la prima ad essere turbata dalle imprecisioni del calendario giuliano. Che spostavano le date delle festività pasquali. Le quali non coincidevano più con le vere stagioni della mietitura e della vendemmia. Così Gregorio XIII ordinava la riforma del calendario giuliano. Nel 1582. Su consiglio di una commissione di scienziati.
Il Papa ordina che vengano soppressi dieci giorni nel calendario del 1582. A Roma, il giovedì 4 ottobre, viene immediatamente seguìto dal venerdì 15 ottobre, in modo da non alterare l'ordine di successione dei giorni della settimana. Lo stesso Papa, che era nato il I gennaio 1502, vede riportato il suo compleanno all'11 gennaio.
Per far quadrare i conti una volta per tutte, si ricorse ad uno stratagemma: nella notte dal 4 al 5 ottobre 1582, il calendario fece un balzo in avanti di dieci giorni. Così dal 5 al 15 ottobre, non nacque nessuno. E nessuno morì. Insomma, una data entro la quale non si era vissuto. Come dire che la vita si era fermata. Ci furono sommosse. E scontri di piazza. Perché tanti stimarono di essere stati privati di dieci giorni della propria esistenza. Il decreto di papa Gregorio XIII mise grande scompiglio tra la popolazione. Le proteste si moltiplicarono. E neppure mancarono quelli che si rifiutarono di applicare quella stravaganza che scombinava il ritmo della loro vita.

Per la verità, a riformare il calendario aveva già provato, prima di Gregorio XIII, il papa Clemente VI. Due secoli e mezzo prima. Ma c'era la peste. La popolazione europea, che era composta da poco più di 90 milioni di individui, venne decimata di un terzo. E questo fermò i progetti. Prima che salisse al soglio pontificio Gregorio XIII, era accaduto – mezzo secolo prima – un fatto che avrebbe pesato non poco sul destino del nuovo calendario papale: l'inizio della Riforma, dovuto alla rottura di Martin Lutero con Roma. Riforma alla quale aderì gran parte dei cristiani dell'Occidente. I quali rifiutarono la riforma del papa «Gregorius calendarifex», forgiatore del calendario, l'«Anticristo romano».
Ma la lotta per misurare il tempo non era finita. Dopo i matematici e gli astronomi, furono i politici e i capi religiosi a farsi avanti. In tal modo il tempo fu più che mai diviso, così come lo erano gli uomini. Ad esempio, se un viaggiatore lasciava la città cattolica di Ratisbona in Baviera (Germania), il 1 gennaio 1543, si trovava nella città protestante di Norimberga, a 80 chilometri, nel giorno 21 dicembre 1542 dell'anno precedente.
Nei paesi protestanti la resistenza fu lunga. Diceva Keplero: «I protestanti preferiscono essere in disaccordo con il Sole che d'accordo con il papa». Si dovrà attendere il XVIII secolo perché le province protestanti dei Paesi Bassi, della Germania e della Svizzera aderiscano al nuovo calendario. In Gran Bretagna, il giorno successivo al 2 settembre, fu il 14 settembre. Cortei di dimostranti percorrono le strade. Gridano: «Ridateci i nostri undici giorni!» C'era una emozione molto forte, palpabile. Il 23 aprile 1616 era morto Shakespeare. In una Inghilterra protestante soggetta al vecchio stile del calendario giuliano. Lo stesso giorno, Cervantes. Soggetto al calendario gregoriano nuovo stile della Spagna cattolica.

Del resto non ci si deve meravigliare, perché questi stessi ostacoli si ritrovano nei paesi ortodossi. E, ovviamente, nelle regioni non cristiane. Per adottare il calendario gregoriano, il Giappone aspetterà il 1873. La Russia il 1918. La Romania l'anno successivo assieme alla Yugoslavia. La Grecia tenne duro, contro Roma, sino al 1924. E il calendario di papa Gregorio XIII fu imposto ai cinesi, da Mao, nel 1949. Definitivamente. E tutto ciò serve a capire meglio che la storia dell'uomo passa (anche) attraverso il calendario. Uno strumento straordinariamente utile per misurare il tempo.


Ermanno Antonio Uccelli






I tempi stanno cambiando


Ho il privilegio di leggere in anticipo gli articoli di Ermanno Uccelli, e quando la lunghezza del
testo me lo permette, aggiungo qualcosa di mio, prima di consegnare gli stessi alla redazione del
VALTROMPIASET

A compendio dell'articolo che potrete leggere qui in queste stesse due pagine, non avendo scritto niente di
significativo sull'argomento, ho approfittato della traduzione del testo di una delle canzoni più
riuscite di Bob Dylan. per riallacciarmi al Tempo, e contemporaneamente rendere omaggio a
Obama. nuovo presidente degli Stati Uniti, l’ "abbronzato" che ha portato una ventata di speranza a
tutti coloro che credono ancora nella fratellanza e nella democrazia. Sarà vera gloria?
Quien sabe. Nel frattempo godiamoci l'euforia amara del presente, e i versi di colui, che a torto o a
ragione è stato appellato da Fernanda Pivano: "il De André americano".

I TEMPI STANNO CAMBIANDO

Venite intorno a me voi tutti.
ovunque vagate.
e ammettete che le acque
intorno a voi sono salite.
e accettate che presto
sarete inzuppati fino all'osso.
Se per voi il tempo ha qualche valore,
allora è tempo di cominciare a nuotare
o affonderete come pietre.
Perché i tempi stanno cambiando.

Venite scrittori e critici.
voi che profetizzate con le vostre penne.
e tenete gli occhi bene aperti.
Non vi sarà data un'altra scelta.
e non parlate troppo presto.
perché la ruota sta ancora girando,
e nessuno può dire
chi sarà designato.
Il perdente di adesso
sarà domani il vincente.
Perché i tempi stanno cambiando.

Venite senatori e deputati.
ascoltate vi prego il richiamo,
non vi fermate sulla soglia.
non bloccate l'ingresso.
perché ci rimetterà colui
che ha cercato di rallentare,
c'è una battaglia fuori che infuria.
e presto scuoterà le vostre finestre.
e farà tremare i vostri muri.
Perché i tempi stanno cambiando.

Venite madri e padri.
da tutto il paese.
e non criticate
quello che non potete capire.
I vostri figli e !e vostre figlie
non li potete comandare,
la vostra vecchia strada
sta rapidamente invecchiando.
andatevene vi prego dalla nuova
se non potete anche voi dare una mano.
Perché i tempi stanno cambiando

La linea è tracciata.
la maledizione scagliata,
l'uomo lento di adesso.
sarà il più veloce domani.
Così il presente di adesso.
sarà passato domani.
L'ordine sta rapidamente
scomparendo.
e il primo di adesso
sarà l'ultimo domani.
Perché i tempi stanno cambiando.




Joe Dallera



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