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 Nr.5 del 09/03/2009
 
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Le falene, sontuose e bizzarre
Ed eleganti. Dalle antenne dorate. E con le ali metallizzate. Sono uno degli esempi più straordinari di mimetismo


   La Biston carbonaria


Le falene o Geomètridi. Nome di diverse farfalle crepuscolari o notturne. Da sempre considerate le sorellastre (cattive) delle farfalle, appartengono alla famiglia di insetti ascritta all'ordine dei Lepidotteri. Che include almeno centomila specie. Di cui seicento presenti anche in Italia. Perlopiù di color grigio, queste fastidiose divoratrici di stoffe sono invece di una bellezza che, a volte, lascia sbigottiti. Una bellezza squisita. Ed un'eleganza magistrale.
Sono diffuse in ogni parte del mondo. Solo l'assenza di piante ne limita la diffusione perché, sulle stesse, le falene si evolvono. Hanno antenne filiformi o, a volte, pettinate, ma solo nei maschi.

La Biston betularia viveva circa due secoli fa. A Manchester, in Gran Bretagna. Indossava un’elegante livrea grigio chiara. Che le permetteva di mimetizzarsi sui tronchi delle betulle e delle querce coperte di licheni. Poi ci fu la rivoluzione industriale. A partire dalla seconda metà del XVIII secolo. Nasceva così la moderna industria. Alla cui base stava l'introduzione, nel processo produttivo, delle macchine mosse da energia idraulica o dal vapore. Questo consentì la sostituzione dell’attività artigianale e l'accelerazione del processo di produzione. Risultato: un aumento (notevolissimo) della produzione stessa. In Inghilterra si avvertirono i primi (evidenti) segni di questa trasformazione. Che era dovuta alla combustione del carbone per fare funzionare le fabbriche. Ma che distrusse i licheni e coprì i tronchi di uno strato di fuliggine sul quale la livrea della Biston betularia spiccava pericolosamente, perché la rendeva facile preda degli uccelli.
A questo punto la farfalla "decise" di cambiare colore. Da chiara che era, grazie ad un processo di "melanismo industriale", diventò sempre più nera. Conseguenza: l'entomologo Edelstein, quale cultore del ramo della zoologia che si occupa dello studio degli Insetti, la ribattezzò Biston carbonaria. Era il 1864.

È proprio a far data dal 1850 che le condizioni climatiche, ancora una volta, come spesso nei secoli precedenti, mutano. Il rapporto fra clima e attività umana inverte il suo segno. Presto (molto presto) non sarà più tanto il clima ad influenzare la storia dell'uomo, ma sarà questi ad investire la storia del clima. È l'allarme che stiamo vivendo ora. Che ci costringe a capire che se vogliamo che la Terra riprenda a respirare regolarmente, è più che mai necessario rallentare la crescita. Non solo. Forse occorre (molto) di più: una vera "mutazione"qualitativa della crescita. Una trasformazione dalla formula "di tutto, di più", alla formula "meno e meglio".
Inutile dire che a quest’ultima formula tutta la struttura tecnica, ma soprattutto socio-psicologica, è impreparata. Totalmente. Si dovrebbe in altre parole realizzare quello stato di cose che nasce dal vedere finalmente – e dal capire – che l'emergenza climatica non è confinata in un futuro indistinguibile: no, no, è proprio qui, adesso, di fronte a noi.
Già lo dicevano gli economisti classici che la crescita continua aveva un esito impossibile. Una crescita peraltro che viaggia, oggi, al ritmo catastrofico dell'interesse composto. Bisogna (assolutamente) riportarsi ad uno stato stazionario. Che non significa per nulla un modello statico, così come un lago aperto non è uno stagno chiuso.

Non c'è dubbio: il problema ambientale è (senz'altro) problema energetico: da quello delle energie non rinnovabili che sono sprofondate nel sottosuolo, a quelle rinnovabili che, con la luce solare, inondano la superficie della Terra. Diventa perciò anche un problema economico. Di scala sostenibile della produzione. E, infine, diviene problema culturale e morale: di dislocazione dei bisogni e dei desideri, dal consumo distruttivo ad un modo creativo di attivarsi diversamente: dal privatismo aggressivo, all'individualismo sociale.

La Biston betularia ha deciso di cambiare colore. Poteva farlo e l'ha fatto. Similmente l'uomo dovrebbe decidere di cambiare il suo modo di vita che ormai (da troppo tempo) è ristretto all’economia. Ed è basato sulla crescita continua. E sui consumi di massa: di tutto, di più.
Anche l'uomo ha bisogno di una mutazione di clima: culturale e morale. Senza il quale è molto dubbio (per essere benevoli) che l'economia possa realizzare i cambiamenti (radicali) che sono necessari per ri-collocarla entro i limiti della sostenibilità ecologica. Con ciò affrontando le due (vere e pesanti) minacce che incombono sull’umanità: l'insostenibilità ecologica e l'iniquità sociale.
Rispetto alle farfalle, le falene sono dotate di un miglior olfatto: la loro arma segreta. E di una maggiore capacità d’apprendimento. Sono qualità che le rendono (però anche) nemici formidabili per le coltivazioni. Perché esse sanno adattarsi a divorare, allo stadio larvale, più piante nel corso dell'anno.
Quando sono pronte per l'accoppiamento, le femmine emettono feromoni. Che sono sostanze secrete dagli insetti. Le quali non agiscono sull'insetto che le secerne (come gli ormoni), ma su altri della stessa specie, sui quali esercitano la funzione di messaggeri chimici, intervenendo nella ricerca dei sessi e nell'accoppiamento, nello sviluppo, nell'accrescimento eccetera.
I maschi, con lo strepitoso olfatto, captano i feromoni anche da distanze di oltre 4-4,5 chilometri. Bastano poche molecole disperse nell'aria e i maschi rispondono. Di più: essi possono riconoscere, con precisione, la miscela delle femmine della loro specie: le loro lunghe antenne a forma di pettine ospitano migliaia di cellule sensorie. Che raccolgono gli elementi chimici nell'aria. Passano le informazioni al cervello. Questi le codifica nel lobo antennale. Che è una struttura analoga al bulbo olfattivo di noi umani. Il lobo invia l'impulso alle regioni superiori del cervello, dove tutto viene memorizzato.
Non bastasse l'olfatto, le falene non scherzano neppure con l'udito. È a questo che esse si affidano. Soprattutto la notte, quando devono sfuggire al loro più acerrimo predatore: il pipistrello. Hanno due grandi occhi composti, capaci di percepire la luce ultravioletta e di distinguere i colori. Poi la loro particolare abilità olfattiva consente di sopravvivere nutrendosi di piante diverse. In diversi periodi dell'anno. È per questo fatto che la loro popolazione può aumentare molto e danneggiare l'agricoltura.


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