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 Nr.11 del 25/05/2009
 
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È qui la «Fabbrica delle imprese»
Presentato a Lumezzane il libro di Egidio Bonomi e Alfredo Pasotti


  


Lumezzane e i metalli. È un binomio che dura da quasi tre secoli e che vede gli imprenditori locali impegnati per migliorare i propri prodotti e uscire dalla crisi economica odierna. C’è da sottolineare, però, anche la capacità e l’intraprendenza dei cittadini lumezzanesi nel tentare di fondare qualcosa di proprio. La vocazione industriale della valle e la mentalità operativa sono presenti, tra le altre cose, nel libro «Fabbrica delle imprese. Da distretto a sistema: il caso Lumezzane», scritto a quattro mani dai giornalisti Egidio Bonomi e Alfredo Pasotti ed edito da «Il Sole 24 Ore». Nella tappa casalinga dello scorso 14 maggio, al teatro Odeon, alla presenza della presidente della biblioteca civica «Felice Saleri», Anna Maria Scaroni, il volume ha posto alcune questioni. Innanzitutto, Lumezzane non è solo produttrice di manufatti (rubinetti e posate su tutti), ma anche di imprenditori, custodi d’ingegno e tenacia. Il progetto del libro è nato dall’idea dei locali Virgilio Bugatti e Felice Berna e sostenuto dall’industriale valgobbino, Aldo Bonomi. È la prima opera che fa una panoramica a 360 gradi di Lumezzane, dal punto di vista storico, economico e sociale. I racconti e le foto del passato, di cui è costituito il libro, rendono una cronaca distaccata di quella che è stata la Valgobbia. Il Seicento a contatto con la Serenissima di Venezia per alcuni lavori e il Settecento, con l’Università degli “azzalinieri”. Gli artigiani locali, infatti, erano primi nella costruzione di acciarini, meccanismi di accensione per la polvere da sparo nelle armi. La Lumezzane povera, come descritta dai testi storici, era divisa in due: la Pieve, legata soprattutto alla lavorazione dei metalli e Sant’Apollonio, incline alla produzione di lana. Sono attività molto diverse tra loro, ma hanno permesso ai cittadini di sopravvivere senza emigrare. L’amore per la terra era troppo e gli abitanti, disposti a tutto, si diedero anche alla produzione del baco da seta. Il libro rende poi nota la seconda metà dell’Ottocento, quando presero piede le prime grosse realtà industriali. E’ nel 1907, tuttavia, che cambiò lo stile di vita in Valgobbia, con l’arrivo della “hcòha”, l’energia elettrica. Il lavoro divenne più veloce e durante la prima guerra mondiale Lumezzane era responsabile per la costruzione di armi e dispositivi, così come nel corso del secondo conflitto. Gli anni Cinquanta, periodo d’oro per la valle, videro la diffusione di rubinetti e posate, che la renderanno strategica a livello nazionale e oltre. Fu, tuttavia, anche il momento in cui molte aziende presero la decisione di allontanarsi dalla comunità per cercare altri spazi. Oggi sono 327 le imprese in mano ai lumezzanesi, alle quali si aggiungono altre 80 nuove. Il dato importante è che la metà di queste incide per il 50 percento sul Pil bresciano. Il volume, che presenta anche dei risvolti futuri positivi, è rivolto soprattutto alle nuove generazioni, che dovranno cercare la specializzazione per rimanere ancorate all’economia.

Fabio Zizzo


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